Cronaca

Sicilia zona arancione. Quali sono i 21 parametri che hanno deciso?

«I numeri non mentono». Ma proprio «i numeri» sono l’iceberg contro cui si è schiantato l’ultimo Dpcm che entrerà in vigore domani (venerdì 6 novembre). Parliamo dei ventuno indicatori su cui si basa l’assegnazione di un colore (e relative restrizioni) alle regioni, gli stessi che, al contrario, servirono, in primavera, per le riaperture. Proviamo a spiegare di che si tratta. I 21 parametri che andranno valutati con cadenza quindicinale devono soddisfare tre requisiti:

  • Capacità di monitoraggio;
  • capacità di accertamento diagnostico;
  • indagine e gestione dei contatti e risultati relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari.

Partiamo dalla capacità di monitoraggio che comprende:

  • il numero di casi sintomatici notificati per mese in cui è indicata la data inizio sintomi sul totale di casi sintomatici notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo;
  • il numero di casi notificati per mese con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla Terapia intensiva) in cui è indicata la data di ricovero sul totale di casi con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla Ti) notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo;
  • il numero di casi notificati per mese con storia di trasferimento o ricovero in reparto di terapia intensiva (Ti) in cui è indicata la data di trasferimento o ricovero in Ti sul totale dei casi notificati.
  • il numero di casi notificati per mese in cui è riportato il comune di domicilio o residenza sul totale.
Il grande fratello sanitario

Insomma, più il «grande fratello sanitario» sa dire dei cittadini contagiati, più il sistema viene considerato affidabile. A questi primi punti se ne aggiungono due opzionali sul numero di checklist somministrate settimanalmente a strutture residenziali sociosanitarie e quante con almeno una criticità. C’è poi tutta la partita della capacità di accertamento diagnostico e gestione dei contatti: si parte naturalmente dalla percentuale di tamponi positivi escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il «re-testing» degli stessi soggetti, complessivamente e per macro-setting (territoriale, Pronto soccorso, Ospedale, altro) per mese. Ma si chiede di indicare anche il tempo tra la data inizio dei sintomi e quella di diagnosi; il tempo tra la data di inizio dei sintomi e quella di isolamento (opzionale).

La tenuta dei servizi sanitari

C’è anche una parte dedicata alle risorse umane nella lotta al virus: il numero, la tipologia delle figure professionali e il tempo per persona dedicato al contact-tracing. Ma anche chi e per quanto tempo si dedica ai prelievi e al monitoraggio dei contatti stretti e dei casi in quarantena e isolamento. Poi, ancora, i casi confermati di infezione con indagine epidemiologica.

Quanto «tengono», infine, i servizi sanitari?

Allora si valutano:

  • il numero di casi riportati alla Protezione civile negli ultimi 14 giorni, l’Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata Iss;
  • numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella Covid-net per settimana (opzionale);
  • numero di casi per data di diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata Covid-19 per giorno;
  • numero di nuovi focolai, di nuovi casi di infezione «non associati a catene di trasmissione note»;
  • accessi al Pronto soccorso con sintomi riconducibili al Covid (opzionale)

Si chiude con i due dati incontrovertibili:

  • i letti in ospedale occupati sia in Ti che in area non critica.
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