editoriale

I giornalisti non sono la panacea dei mali altrui. Basta con le accuse!

Chi è un giornalista?  Wikipedia dice testualmente: “Il giornalista è un professionista del settore dell’informazione; si occupa di scoprire, analizzare, descrivere e scegliere notizie per poi diffonderle”. Aggiungerei: il giornalista è un lavoratore, madre o padre di famiglia, cittadino, a volte fedele a qualche dottrina religiosa, che ci mette la faccia e firmando o semplicemente condividendo il testo di un comunicato stampa. Col suo nome in calce ha decretato una piccola sentenza. Perché da quel momento in poi il pubblico ha la facoltà di dire, additandolo, ‘l’hai scritto tu!” E da allora passa due o più giorni con una’ lettera scarlatta’ attaccata sul petto, sul quale pende una responsabilità. E’ la responsabilità dell’’atto criminoso’ che ha compiuto un reo che si trasferisce su di lui che ha avuto l’ardire di diffonderne i contenuti. Perché si ribalta la scena del delitto e il problema non è più chi ha compiuto l’azione ma che mette in bocca il megafono dell’informazione. Quindi il pedofilo sarà meno pedofilo agli occhi della famiglia perché c’è qualcuno che l’ha messo alla gogna: il giornalista. E il ladro sarà meno ladro per il padre sapeva che suo figlio era ladro ma con l’amplificazione del giornalista la colpa della notizia si trasferisce. E lo stupratore che prima era stupratore solo in un’alcova di due metri per due, dopo che il giornalista ha l’ardire di diffondere una velina della polizia diventa stupratore per tutti e la famiglia dà contro al giornalista non al figlio stupratore. E’ questo che succede per ogni notizia. Soprattutto per quelle scabrose: la colpa è del giornalista. Questo mostro che fa un lavoro sovraesposto, che passa in rassegna le disgrazie altrui. Viene percepito così. Come se ci godesse sulle notizie di cronaca che ledono la dignità di chi ha commesso un reato o ne è stato coinvolto suo malgrado. Come se ci guadagnasse qualche euro in più. E poi giù telefonate, rimbrotti, minacce di denunce; liti, amici che ti tolgono il saluto: “Non lo dovevi fare!”

“Ma era un comunicato stampa?”  “Non lo dovevi pubblicare”. Senza sapere che ci saranno altre decine di testate che pubblicheranno la stessa notizia. Perché una notizia è una comunicazione che arriva dalle istituzioni. Però quando la passi sul giornale dove scrivi, sembra assumere una connotazione identificativa e i protagonisti del misfatto vedono già la faccia sorniona del giornaliste mentre batti i tasti sul Pc , preso da chissà quale godimento cerebrale. Perché il giornalista che scrive dei misfatti altrui è cattivo, prova un senso oscuro di piacere sadico nel riferire ciò che gli hanno inviato gli organi di polizia, carabinieri, Vigili urbani. Ora Basta! Non ne possiamo più. Siamo esseri umani caricati di responsabilità non nostre. Eppure questi ‘J’accuse’ hanno tutto il sapore di un reato che diventa nostro. Se il ladro ruba, il giornalista non è responsabile, lo riferisce. Se lo stupratore, stupra, non è colpa del giornalista che lo incita a stuprare. Lo ha fatto prima e indipendentemente dall’esistenza della notizia. E se qualcuno è coinvolto,  il giornalista che responsabilità può avere? E se i politici litigano, le polemiche le crea il giornalista. Sempre lo Jago di Otello che fomenta il fuoco per scriverci articoli sopra e creare il pandemonio del quale magari, ride sotto baffi. Questo novello Belzebù!!!!!!!!!!!

Fa specie leggere una tale affermazione: Quello che invece non desta affatto fiducia (quanto invece molti punti interrogativi), sono gli attacchi a mezzo stampa senza un briciolo di contraddittorio – come vorrebbe serietà professionale – da parte dell’ informazione locale nei confronti di una persona di riconosciuta sobrietà e stile evangelico come il vescovo mons. Gisana”.

A parte che il contraddittorio nel caso specifico è arrivato al momento opportuno. L’autore di questo testo che non mi pare sia giornalista, perché se lo fosse saprebbe a quali e quante regole sono sottoposti i giornalisti italiani, con Spade di Damocle che pendono costantemente sulle loro teste. Questa persona generalizza. Forse si riferisce ad una sola giornalista che, per motivi propri, si è espressa in termini personali. Ma da qui a dire che i giornalisti hanno espresso giudizi ne corre…… Nessuno ha espresso giudizi: abbiamo solo riferito i fatti di un fatto giudiziario che ha scosso l’opinione pubblica. Ed io in quanto giornalista, ed in quanto scevra da giudizi personali sulla questione mi sento offesa. Si rivolga il signore a chi espresso giudizi con nome e cognome e non generalizzi. Perché noi in questa vicenda abbiamo fatto i passacarte esimendoci dallo spendere una sola parola. Del resto conosciamo le Carte che regolano la nostra professione e siamo qui da decenni proprio per aver nuotato in questo mare di improperi e denunce e rimanere ancora a galla.

 

Secondo gli autoproclamatosi arbitrariamente detentori dell’Unica verità, il pastore Gisana sarebbe da identificare e sovrapporre meccanicamente al sacerdote che avrebbe compiuto fatti di cui inizialmente il vescovo non era neanche a conoscenza (essendo gli stessi stati commessi peraltro nel 2009, quando don Gisana non era neanche vescovo, e di cui comunque egli è venuto a conoscenza solo nel 2016)”….

continua Floridia. Niente di più errato. Forse confonde i giornali con i social media dove viaggiano i giornali. Ma quel mondo è popolato da ogni sorta di persone che si esprimono liberamente: quindi anche di questo sono responsabili i giornalisti?

Dietro un giornalista c’è un uomo che deve mantenere la sua famiglia (a fatica); una donna che deve pensare ai compiti dei figli piccoli e invece passa il tempo al telefono a rispondere per quelle che vengono percepite come ‘offese’ dai protagonisti delle vicende che riporta.

RIPORTA. E non inventa.

editoriale pubblicato anche dal settimanale “Settegiorni – dagli erei al golfo” a seguito di un articolo che indica i giornalisti come accusatori della chiesa.

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