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“Non posso accedere al mio profilo Instagram”. Figlia in crisi, mamma chiama i carabinieri.

Rischi dei social e di una vita virtuale isolata dalla realtà.

In occasione di un convegno organizzato giorni fa, in un istituto comprensivo in Italia, un agente delle forze dell’ordine presente all’evento, ha deciso con coraggio di rilasciare una testimonianza insolita a tutti i piccoli alunni presenti nell’auditorium.

La storia avrebbe preso avvio da una chiamata improvvisa di una mamma che, in preda al panico e all’agitazione, avrebbe denunciato la “critica” situazione della figlia quindicenne. La motivazione?

Niente abusi, furti o violenze. Semplicemente la figlia non riusciva ad accedere al suo profilo Instagram.

L’agente assolutamente preoccupata, non tanto per il profilo Instagram, quanto per la reazione delle due donne, avrebbe preso voce in capitolo, rilasciando un fondamentale insegnamento a tutte le nuove generazioni.

“I dispositivi tecnologici, nelle mani di ognuno di noi, sono delle armi. Le parole, altrettanto, possono addirittura uccidere”. 

In questo periodo storico, dove si parla tanto di nativi digitali (soggetti che nascono direttamente con la tecnologia in mano) e di evoluzione nell’esistenza delle famiglie, tutto sembra prendere una piega oscura, a cui nessuno di noi può davvero essere abituato fino in fondo.

Un adolescente che vive in un periodo critico, è una storia risaputa. Si ricerca la propria identità, si cerca di definirsi come persone e come soggetti sociali, e soprattutto di avere degli obiettivi per il presente e per il futuro. Ma in tutto questo, i social, quanto contano davvero per i giovani?

Dalla disperazione di questi due soggetti, una mamma e una figlia, scaturisce un’intensa riflessione che parte innanzitutto da un punto: la menzogna.

Secondo i dati delle ultime ricerche circa la presenza di minori sui social, è facilmente intuibile come una grossa percentuale di giovanissimi usufruisca di profili “non in regola” sul mondo virtuale. 

In Italia l’età minima fissata per iscriversi ad un social network è di quattordici anni, ma questo, come molti di noi sapranno, non è assolutamente un vincolo rispettato.

“Non possiamo dire ai bambini di 8 anni, iscritti ai social, di essere troppo piccoli per fare certe cose. Gli abbiamo insegnato a mentire, o sono troppo piccoli o non lo sono. Il problema è che la famiglia non è più capace di dire NO”.  

Sono tantissime le denunce di cyber bullismo, pedofilia virtuale e poi fisica, o per furto di identità che i genitori di minori ogni anno presentano alle forze dell’ordine. E quando viene chiesto loro in che modo il bambino si sia approcciato a questo mondo tanto complesso, rispondono con frasi come: “Se non do il telefono a mio figlio, lui mi tiene la guerra a casa”, oppure “Questo è l’unico modo per tenerlo a bada”.

In qualche modo è come se avessimo trasferito il ruolo di autorità educativa e di mediatore culturale e sociale direttamente ai social e ai dispositivi tecnologici, senza curarsi del fatto che i rapporti umani e, soprattutto quelli genitoriali, sono i veri educatori, e sempre lo rimarranno. Un genitore, se è tale, non può sottrarsi dalle sue responsabilità, attribuendole ad oggetti elettronici, o ad internet. 

“Quando i vostri genitori vi consegnano in mano un telefono, vi stanno consegnando un’arma. Le parole uccidono”.

Ogni anno le forze dell’ordine organizzano degli incontri con bambini e adolescenti, parlando loro di tutti i rischi di una vita vissuta all’interno della rete virtuale dei social o dei siti online, dove i pericoli si nascondono dietro a veli sottilissimi.

Le forze dell’ordine hanno, infatti, proseguito l’incontro ricordando le morti violenti di bambini che sono stati vittime di bullismo online, con l’intento di non lasciare i nomi di quest’ultimi solo all’interno di un articolo di cronaca. Ogni nome deve poter essere, seppure tristemente, una testimonianza verace.

I dispositivi e tutti gli strumenti oggi a nostra disposizione hanno tanto da darci, e possono farci arrivare dove noi nemmeno immaginiamo, ma tutti questi casi di crisi, di suicidi, e di instabilità psicologica ci servono da monito per comprendere quanto sia essenziale, ancora oggi, il dialogo e la comprensione nella vita reale, la distinzione tra realtà e virtuale.

Ascoltiamoci di più, e soprattutto gettiamo un’occhiata fuori dai social, perché potremmo trovare realtà che avevamo dimenticato o del tutto sottovalutato. 

 

 

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