Dai ComuniNiscemi

Trovati manoscritti di Mario Gori, a 49 anni dalla morte

Mi pare fosse pomeriggio quel 5 dicembre del 1970. Ero molto piccola e ho ricordi confusi. Di certo mio padre era a casa dopo il lavoro ed ha alzato lui stesso la cornetta di quel telefono fisso nero ed ho visto il volto, sempre rosa, di mio padre sbiancare e con voce flebile, dire a mia madre: “Mario è morto”. Erano nati a distanza di 13 giorni, era un suo compagno di classe sin dalla prima elementare che frequentò dal maestro Giuseppe Blanco, mio nonno. Amico, fratello, il fratello che mio padre non ha mai avuto e poeta preferito, forse per il sentimento che li legava.

Oggi sono 49 anni che non c’è più. Ecco la foto originale del funerale, celebrato lunedì 7 dicembre 1970.

Ogni anno il 5 dicembre mio padre commentava: ho rubato un altro anno alla vita. E alla fine non ne ha rubato poi tanti, visto che anche mio padre Giuseppe Blanco è morto a 64 anni, consumato dal male del secolo. La nostra casa è tappezzata di ricordi e di foto di cui ne condivido con voi solo qualcuna. A distanza di un anno mio padre pubblicò con Ugo Randazzo il primo volume Mario Gori e la sua musa

 

e postumo un altro con l’opera omnia. Peccato che lui, che tanto osannò la sua città ed il suo amico, non ricevette gli stessi onori….

Innumerevoli sono gli episodi che raccontava a casa in ricordo del suo amico. Me ne sovviene uno, ilare.

Pino Blanco e Mario Gori erano convittori al Liceo Eschilo presso il Palazzo Pignatelli. La madre Maria Arca, donna imponente sotto tutti i profili seguiva l’unico figlio personalmente e un giorno si recò dagli insegnanti per informarsi sul profitto del poeta ancora ragazzo. “Signora , suo figlio ha stoffa!” – commentò il prof. Alma, illustre grecista del tempo. “Stoffa? Ma figghiu avi stoffa? – rispose Maria Arca – ora ci penso io”. Come un fulmine piombò nella stanza del figlio che condivideva con Pino Blanco e gli si avventò contro: “nesci a stoffa, malirucatu. Cu t’ù nsignau. Nda nostra famigghia sti cosi un si usinu”. “Maaaaaa – disse Mario – aviri stoffa significa vaju bbonu a scola…”.

Storie di vita vissuta. Un tempo le mamme reagivano ad una possibile marachella dei figli…….

Oggi il Comune di Niscemi lo ricorda, come il primo giorno e si prepara al 50° anniversario dell’anno prossimo. “Di recente abbiamo recuperato tanto materiale inedito – dice il sindaco – l’amministrazione sta catalogando tutto e presto verrà esposto al Museo civico. Grazie Mario Gori per le emozioni che hai fotografato con le parole per i niscemesi e per il mondo intero”.

Mario Gori, nato Mario Di Pasquale, figlio di Salvatore e Maria Arca, prese come pseudonimo il cognome “Gori” in onore dell’anarchico toscano Pietro Gori che era nato, a causa del lavoro del padre, a Messina. Nel 1937, terminate le scuole elementari a Niscemi, Mario Gori si iscrive al ginnasio “Bonaventura Secusio” di Caltagirone dove supera a pieni voti l’esame di maturità classica. Alcuni suoi professori sostennero che egli avesse svolto il tema di italiano in versi. Dopo la maturità Gori comincia ad imporsi all’attenzione degli intellettuali come poeta, conferenziere e organizzatore di recital.

Nel 1944 pubblica a Caltagirone il volume Germogli, una raccolta di 39 poesie apprezzata da amici e professori che racchiude il meglio dei primi tentativi lirici del giovane studente. Nel 1945 si iscrive presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Catania che abbandona nel 1947 per dedicarsi interamente al giornalismo e alla poesia. Nello stesso anno entra nella redazione del Corriere di Sicilia, all’epoca edito proprio a Catania. Nella città etnea nel 1946 è promotore, insieme ad altri scrittori e intellettuali, del movimento letterario siciliano denominato Trinacrismo, che si poneva l’obiettivo di rinnovare la poesia dialettale. Nel 1954 si trasferisce a Pisa dove intraprende nuovamente, sperando di portarli a termine, gli studi di Medicina. Il vivace ambiente culturale pisano e la passione che egli nutre verso la letteratura lo assorbono completamente, inducendolo a rinunciare per sempre agli studi. In Toscana Gori conosce Pier Maria Rosso di San Secondo con il quale intrattiene un rapporto di cordiale amicizia e di stima reciproca. A Pisa fonda il centro di arte e cultura La Soffitta.

Nel 1955 rientra a Niscemi a seguito delle pressioni da parte della madre, sia a causa del forte richiamo che su di lui esercita il paese natio. Nello stesso anno pubblica a Catania un volume di poesia in lingua siciliana intitolato Ogni jornu ca passa.

Nel 1957 pubblica un volume di poesie in lingua italiana intitolato Un garofano rosso[9], che raccoglie la produzione più prestigiosa del poeta. Di quest’opera ne sono state approntate due distinte edizioni: la prima contiene 25 poesie e l’introduzione di Giuseppe Ravegnani e un’altra, edita nel 1958, arricchita di altre sette liriche. Entrambe le edizioni rappresentano il momento più elevato nella produzione poetica di Gori.Nel 1958 pubblica I ragazzi di Butera, un saggio che affronta argomenti di natura didattica e pedagogica. Si tratta, nello specifico, della presentazione di dieci giovani pittori che all’epoca frequentavano la Scuola Media dell’omonima città. Dell’iniziativa si interessarono la RAI e la BBC di Londra. Mario Gori è stato un poeta molto apprezzato dalla critica, prova ne sono gli innumerevoli premi e riconoscimenti ricevuti. Nel 1956 è vincitore del premio letterario “La Procellaria”, nel 1957 vince i premi letterari Primo Vere e Isolabella, mentre nel 1958 è segnalato al premio “Cianciano” e “Carducci”. Nel 1958 vince il premio di narrativa indetto dal Ministero dell’Interno, con la raccolta di novelle intitolata Il Circolo dei civili, rimasta inedita fino al 1991 e poi confluita nell’opera omnia curata da Giuseppe Blanco. Il riconoscimento più importante arriva nel 1959, quando la Presidenza del Consiglio dei Ministri gli assegna il premio cultura per la sua attività di scrittore.

 

È stato il fondatore e direttore delle riviste letterarie La Soffitta (1957 – 1961), Il Banditore Sud (1961) e Sciara (1965), che vantavano le firme di prestigiosi collaboratori, tra questi Giuseppe Villaroel, Mario Farinella e Gesualdo Manzella Frontini[11]. Molte sue liriche sono state tradotte in cecoslovacco, greco, castigliano, tedesco, inglese, jugoslavo e spagnolo. Mario Gori ha svolto un’intensa attività di promotore culturale; ha partecipato alla vita culturale regionale e nazionale e ha stretto rapporti di stima e corrispondenza con i maggiori intellettuali dell’epoca quali Salvatore Quasimodo, Leonardo Sciascia, Cesare Zavattini, Alfonso Gatto, Alberto Bevilacqua, Santi Correnti, Giorgio Caproni, Fortunato Pasqualino, Bonaventura Tacchi, Giuseppe Ravegnani, Bernardino Giuliana e Giuseppe Zagarrio. Muore a Catania ed è sepolto nel cimitero di Niscemi. La sua città natia ha omaggiato l’illustre concittadino dedicandogli una delle arterie principali del paese nonché la Biblioteca comunale, attualmente sita in via IV Novembre, in un edificio risalente al XIX secolo. Nel mese di maggio del 2018 a Niscemi è stato intitolato all’illustre poeta l’ex Plesso scolastico “Calatafimi”, afferente al II Circolo Didattico, per l’occasione, presso il nuovo Plesso Mario Gori è stato inaugurato un museo contenente cimeli appartenuti al poeta, foto d’epoca, lettere manoscritte e manoscritti editi e inediti. Il comune di Butera ha intitolato a Mario Gori la scuola media cittadina, inoltre hanno intitolato strade cittadine alla memoria del poeta niscemese i comuni di Caltanissetta, San Cataldo, Caltagirone e Cascina, in provincia di Pisa

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