Cronaca

Covid-19. Vaccino, l’Italia è seconda nella Ue. Aifa autorizza anche Moderna

L'Italia è seconda tra i Paesi dell'Unione Europea, dietro la Germania, per numero di dosi di vaccino somministrate. È quanto rileva l'Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali)

L’Italia è seconda tra i Paesi dell’Unione Europea, dietro la Germania, per numero di dosi di vaccino somministrate. È quanto rileva l’Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) in un’elaborazione aggiornata alle 12.16.

Intanto, nel pomeriggio, arriva la notizia del via libera dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), al vaccino anti-Covid dell’azienda americana Moderna, per l’autorizzazione all’immissione in commercio e
all’utilizzo nell’ambito del Servizio sanitario nazionale. È il secondo in Italia dopo quello Pfizer-BionTech.

Lo scorso 27 dicembre in Italia è iniziata la somministrazione del vaccino contro il coronavirus al personale sanitario e agli ospiti delle case di cura. Al momento l’unico vaccino in fase di somministrazione è quello prodotto da Pfizer-BioNTech: il 6 gennaio, però, la Commissione Europea ha autorizzato il vaccino contro il coronavirus prodotto da Moderna.

In Italia al momento sono state vaccinate 326.649 persone. È stato somministrato, dunque, il 47% delle 695.175 dosi consegnate. Questo l’ultimo aggiornamento, alle ore 14.00, del report sulle vaccinazioni in Italia, pubblicato sul sito del commissario per l’emergenza Covid.

In testa sempre il Lazio con oltre 41.242 immunizzazioni (67,2%). Gli operatori sanitari e sociosanitari vaccinati sono stati 276.925, segue il personale non sanitario 31.630 e gli ospiti delle Rsa 18.094.

A livello europeo, la Germania registra a oggi 367.331 dosi, l’Italia 326.649. Seguono a distanza la Polonia (160.359) e la Spagna (139.339). Ancora molto indietro la Francia, ferma a 5.000 dosi somministrate, meno anche della media di dosi utilizzate per Paese, che in Europa è pari a 7.557.

Il Tavolo Tecnico, istituito fra FOCE (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi), il Governo e Agenas, ha stilato il Documento di indirizzo e di raccomandazioni per garantire ai pazienti più fragili la continuità di cura in emergenza Covid. Si tratta di linee guida ufficiali, che impegnano le Regioni nella tutela di 11 milioni di persone con tumori e malattie del cuore, presentate oggi in una conferenza stampa virtuale. FOCE, inoltre, ha richiesto al Ministro della Salute, Roberto Speranza, e al Commissario Straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, che venga assegnata priorità assoluta (T1a) nella vaccinazione antiCovid a 392.600 pazienti con malattie oncologiche, cardiologiche e ematologiche, inserendoli nella stessa categoria degli operatori sanitari.

A seguire, si legge nella nota, vi sono circa 3 milioni e 820mila (3.817.400) cittadini colpiti da queste grandi malattie che, come richiesto da FOCE, dovranno essere vaccinati nella fase immediatamente successiva del programma di immunizzazione (T2a) e, in ogni caso, prima delle persone di età compresa fra 60 e 69 anni non affette da patologie. “L’attuale fase epidemica richiede un profondo cambiamento organizzativo dell’offerta assistenziale da parte dei servizi sanitari delle Regioni – afferma il Presidente FOCE, Francesco Cognetti – i punti chiave del Documento di indirizzo e di raccomandazioni sono dieci. Innanzitutto, viene prevista la completa separazione dei percorsi fra pazienti Covid e non Covid, includendo in questa distinzione anche il personale dedicato e i relativi servizi ospedalieri. Deve essere mantenuta la piena operatività delle attività di degenza ordinaria, day hospital e ambulatoriali delle strutture di oncologia medica, di chirurgia oncologica e di ogni altro ambito clinico-assistenziale, come quelle di oncoematologia, di trapianto di midollo e di cardiologia, incluse le terapie intensive cardiologiche. Vanno stabiliti standard per il fabbisogno di personale per adeguarlo alle nuove modalità organizzative e, laddove vi sia un’effettiva carenza, è necessario reclutare medici specialisti. Gli screening oncologici devono riprendere, in modo omogeneo, a pieno regime in tutte le Regioni, monitorando l’effettiva ripresa dei volumi di attività col ritorno ai livelli pre-pandemici e recuperando al più presto i ritardi accumulati”.

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