Cronaca

Coronavirus: proteste nelle carceri contro lo stop ai colloqui ‘a vista’

Salerno, poi Modena, Napoli e Frosinone, ma anche Vercelli, Alessandria, Foggia, Milano e Caltanissetta. L’onda lunga del coronavirus arriva nelle carceri italiane e si trasforma in protesta, quando non in aperta rivolta. A Modena i detenuti, protestando per le misure di prevenzione per il Covid-19, si erano barricati nell’istituto della città emiliana. E scoppia una rivolta nel carcere di Foggia: alcuni detenuti riescono ad evadere venendo bloccati poco dopo all’esterno dell’istituto penitenziario dalle forze dell’ordine, hanno divelto un cancello della ‘block house’, la zona che li separa dalla strada, tanti si arrampicano sui cancelli del perimetro del carcere. Sul posto polizia, carabinieri e militari dell’esercito.

Rivolta anche al carcere di San Vittore e alcuni detenuti sono saliti sul tetto della casa circondariale. Sul posto sono arrivate le volanti di Polizia.

Sono tre i detenuti deceduti nel carcere di Modena: lo si apprende da fonti dell’amministrazione penitenziaria, secondo cui allo stato non è risultato alcun segno di lesione sui corpi. Due decessi, infatti, sarebbero riconducibili all’uso di stupefacenti, mentre il terzo detenuto è stato rinvenuto in stato cianotico, di cui sono si conoscono le cause.

Le tre morti non sarebbero direttamente riconducibili alla rivolta nel carcere, precisano le fonti, anche se gli accertamenti sono appena cominciati e sono tuttora in corso. Anche per quanto riguarda le cause dei decessi, le verifiche sono in fase preliminare ed avrebbero evidenziato che uno dei tre è morto per abuso di sostanze oppioidi, l’altro di benzodiazepine, mentre il terzo è stato rinvenuto cianotico, ma non si conosce il motivo di questo stato.

E sono rientrati nelle celle i detenuti del carcere di Pavia: la protesta, nata sull’onda dello stop ai colloqui ‘a vista’ per il coronavirus, riguarda lamentele su “questioni che riguardano il trattamento carcerario”. Sarà l’inchiesta della Procura a far luce sulla dinamica della sommossa.

Sul posto è arrivato anche il prefetto, assieme alle forze di polizia che si sono schierate di fronte alla struttura da cui è stato visto uscire del fumo, probabilmente a causa di un incendio di materassi. Poi, in tarda serata, la notizia della morte del primo detenuto detenuto. Secondo il Sap, il sindacato della polizia penitenziaria, i carcerati “chiedono provvedimenti contro il rischio dei contagi” spiega il segretario Aldo Di Giacomo.

La sospensione dei colloqui, prevista dalle misure anti-coronavirus, è alla base della protesta anche nel carcere napoletano di Poggioreale, dove alcuni detenuti sarebbero saliti sui muri del cosiddetto ‘passeggio’, nella zona interna del penitenziario. Parallelamente, al di fuori del carcere, c’è stata la protesta dei parenti dei carcerati, anche loro per lo stesso motivo. Indulto, amnistia o arresti domiciliari ciò che hanno chiesto per i loro familiari reclusi, bloccando anche il passaggio dei tram. La protesta è rientrata nel tardo pomeriggio. Le misure sui colloqui previste dal dpcm anti-coronavirus (vanno usate modalità telefoniche o video) sono state la scintilla che ha fatto sollevare anche i detenuti di Frosinone: un centinaio si sono barricati all’interno della seconda sezione, da cui è stato visto provenire fumo.

Sul posto è accorso il garante regionale Stefano Anastasia: “Per il momento – riferiva nel tardo pomeriggio – siamo in fase di attesa. Non si vuole fare alcuna azione di forza per non creare tensioni. Siamo in trattativa”. A Frosinone comunque non ci sono stati episodi di violenza contro il personale: “La situazione da questo punto di vista – aggiunge il garante – è relativamente pacifica”. “Il nuovo decreto legge – il commento di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, l’associazione per i diritti dei detenuti – contiene l’apertura a misure come l’aumento della durata delle telefonate e l’incentivo ad adottare misure alternative e di detenzione domiciliare. Ci appelliamo dunque ai direttori delle carceri e ai magistrati di sorveglianza”.

“L’emergenza Coronavirus non dev’essere la scusa per spalancare le porte delle case circondariali – reagisce però il leader della Lega Matteo Salvini – Solidarietà alla polizia penitenziaria e a tutte le forze dell’ordine: Bonafede troverà il tempo di occuparsi anche di loro?”. Solidarietà agli agenti anche dalla capogruppo FI alla Camera Maria Stella Gelmini.

E c’è il timore che ora la protesta si allarghi ancora: “Il tam tam – secondo la leader dell’Associazione nazionale dei dirigenti e funzionari di polizia penitenziaria Daniela Caputo – creerà presto un effetto emulazione”. La dirigente propone il pugno di ferro: “l’esercito intorno a tutti i muri di cinta, punizione severa di coloro che stanno fomentando le rivolte, interdizione da subito di ogni accesso a esponenti o associazioni che in ragione delle loro campagne storiche di tutela e promozione dei diritti dei detenuti possano vedere la loro voce strumentalizzata da facinorosi e violenti”. (ANSA)

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