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Coronavirus: Bergamo, morti due dipendenti di Poste «Basta, è ora di chiudere gli uffici»

Due lavoratori di Poste Italiane sono morti in provincia di Bergamo a causa del contagio da Covid-19. Lo rende noto Marisa Adobati, componente della segreteria della Slc-Cgil di Bergamo, ricordando che entrambi avevano «lavorato fino a pochi giorni fa, uno in un centro di recapito e l’altro in un ufficio postale di due comuni della provincia di Bergamo. Ora basta, è ora di chiudere gli uffici postali».

Questo il comunicato integrale della Cgil

«Sono già due i lavoratori postali che hanno perduto la vita a causa del contagio da Covid-19: il primo è morto venerdì scorso e il secondo è scomparso ieri. Entrambi avevano lavorato fino a pochi giorni fa, uno in un centro di recapito e l’altro in un ufficio postale di due comuni della provincia di Bergamo. Ora basta, è ora di chiudere gli uffici postali!»: così, questa mattina, Marisa Adobati della segreteria della SLC-CGIL di Bergamo, lei stessa in arrivo dal mondo di Poste Italiane, denuncia le condizioni di lavoro ad altissimo rischio in cui sono costretti a operare i suoi colleghi.

A seguito di entrambi i casi di decesso, i due luoghi di lavoro sono stati sottoposti a sanificazione. «Come se bastasse per tutelare i lavoratori che restano!», aggiunge Adobati, che prosegue. «Abbiamo speso fiumi di parole, scritto all’Azienda, Ats, Prefetture, Sindaci, Partiti Politici ed ora anche alle Forze dell’ordine spesso distraendoli anche dalle loro priorità e francamente siamo veramente stanchi di essere inascoltati».

Sono ormai settimane che la SLC-CGIL sostiene «l’inutilità di esporre al contagio i lavoratori di Poste Italiane della bergamasca, ed ovviamente non solo del nostro territorio, e ci viene ripetuto in maniera assillante che Poste deve garantire i servizi essenziali. Il recapito di un bollettino di abbonamento a ‘Frate indovino’ o della marea di avvisi di mancata consegna delle raccomandate non crediamo sia da considerarsi espletamento di servizi essenziali. Molte scadenze fiscali ed invii di notifica sono stati, tra l’altro, sospesi per decreto. Il punto è che, ormai, ‘andare in Posta’ per molti è diventato il pretesto per fare una ‘giustificata’ passeggiata in paese».

Per la situazione d’emergenza che vive il territorio bergamasco, «parlare di dotazioni sanitarie diventa imprescindibile, ma la loro distribuzione rimane comunque scarsa negli uffici. Si sta alimentando tra i lavoratori un profondo disagio, una pericolosa mistura di paura e rabbia, che sta dilagando e che mai vorremmo diventasse una protesta diffusa che non potremmo a quel punto più arginare. Protesta, seppur legittima, che però rischia di appesantire una già drammatica situazione».

«Perché perseverare in questa insensata ostinazione di voler mantenere attivi servizi che tutto sono tranne che essenziali?» si chiede la sindacalista. «I lavoratori di Poste Italiane non si meritano tutto questo, hanno avuto la capacità di risollevare il destino di un’azienda che per anni ha rischiato di essere considerata una delle tante aziende da svendere per le disastrose perdite di bilancio. Invece nel silenzio e con tanta forza di volontà i nostri lavoratori sono riusciti a portala verso una serie di ‘fantastici utili’. Mettiamo in sicurezza i lavoratori di Poste Italiane, decidiamo di chiudere gli uffici postali».

Infine, dalla SLC-CGIL arriva un «enorme abbraccio ai famigliari dei lavoratori che ci hanno lasciato e a tutti coloro che vivono il contagio nelle strutture sanitarie o nelle loro case. Noi non faremo nessun passo indietro e rinnoviamo l’invito intanto all’azienda affinché con quella necessaria sensibilità, propria di questi drammatici momenti, faccia almeno questa volta la scelta giusta». (l’eco di Bergamo)

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