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Torre: e se si pensasse all’esproprio?

Gela – E’ stata accolta con grande entusiasmo l’idea dell’amministrazione comunale di Gela di aprire una sottoscrizione per l’acquisto della Torre di Manfria. Ma a distanza di qualche giorno si odono voci fuori dal coro, segno che, dopo il risveglio dai primi sentimenti di positività rispetto al primo giorno. Per esempio: dove versare il contributo seppur piccolo? Non è stato comunicato un conto-corrente. Ma questo è il più piccolo dei problemi; si può sempre comunicare successivamente. C’è chi chiede di sapere a cosa è destinata la Torre di Manfria, una volta acquistata, viste le esperienze passate che registrano assegnazioni trentennali a privati; con quali soldi verrà restaurata e soprattutto come mai non si è pensato ad attivare la procedura di esproprio.

Abbiamo condotto una ricerca sul tema dell’esproprio di beni culturali.

“Il corpus della disciplina espropriativa valevole nel caso dei beni culturali, è stato oggetto di disamina da parte di questo Consiglio di Sato (da ultimo, vedi sez. VI, 11 maggio 2011 n. 2792), evidenziando come il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, di seguito Codice) preveda negli articoli 95, 96 e 97 tre fattispecie di espropriazione che, volte tutte ad assicurare l’interesse pubblico alla salvaguardia del patrimonio culturale, si distinguono per l’articolazione di tale interesse secondo fini specifici, idonei, in ciascuna delle fattispecie, a legittimare il sacrificio della proprietà privata. L’ablazione della proprietà è, infatti, consentita, con l’art. 95 (“Espropriazione di beni culturali”, di beni “immobili e mobili”), se sussiste “un importante interesse” al fine di “migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi” (comma 1), con l’art. 96 (“Espropriazione per fini strumentali”), se l’esproprio di “edifici ed aree” è necessario per “isolare o restaurare beni culturali immobili” per “assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescere il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l’accesso”, con l’art. 97 (“Espropriazione per interesse archeologico”, di “immobili”), “al fine di eseguire interventi di interesse archeologico o ricerche per il ritrovamento delle cose indicate nell’articolo 10” (e perciò di rinvenire anche reperti non archeologici).Le specificità della fattispecie dell’art. 95 sono dunque le seguenti: oggetto dell’esproprio è un bene già qualificato come bene culturale, che può anche essere un bene mobile; scopo primario dell’espropriazione è anzitutto l’acquisizione del bene, per la sua migliore fruizione, e non la realizzazione di un’opera con effetto di trasformazione del territorio (comma 1); il Ministero ha la facoltà di autorizzare gli enti locali, su loro richiesta, ad effettuare l’espropriazione, ferma la dichiarazione di pubblica utilità da parte del Ministero stesso (comma 2).Nelle due altre fattispecie: il bene da espropriare non è di per sé tale ma è in rapporto con un bene culturale (in atto ai sensi dell’art. 96, ovvero in via potenziale ai sensi dell’art. 97) ed è sempre un bene immobile; lo scopo primario è quello di eseguire un’opera o un intervento con trasformazione dell’area; il procedimento non prevede fasi in capo ad enti territoriali non regionali. A tali specificità della fattispecie dell’art. 95 si correla la specialità del relativo procedimento di espropriazione rispetto a quello disciplinato in via generale dal D.P.R. n. 327 del 2001, relativo alla espropriazione di immobili, o diritti relativi, per l’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, come risulta confermato dall’art. 100 del Codice, che riferisce l’applicazione delle “disposizioni generali in materia di espropriazione per pubblica utilità”, in quanto compatibili, ai “casi di espropriazione disciplinati dagli articoli 96 e 97”, non citando l’art. 95, e dall’art. 52 del D.P.R. n. 327 del 2001, che, in riferimento ai pertinenti articoli del Testo unico delle disposizioni in materia di beni culturali vigente all’epoca, dispone che “Nei casi di espropriazione per fini strumentali e per interesse archeologico, previsti dagli articoli 92, 93 e 94 del testo unico approvato con il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, si applicano in quanto compatibili le disposizioni del presente testo unico”, non venendo anche qui citata la corrispondente disposizione sulla espropriazione dei beni culturali (art. 91)”.

Il caso della Torre di Manfria è stato accelerato dopo un preliminare di vendita fra due privati in cui è stata già versata una somma. L’area è sottoposta a tre vincoli: ambientale, storico e naturalistico e su questo l’amministrazione deve vederci chiaro con un incontro all’assessorato regionale competente, in considerazione del fatto che la Regione nel 1999, con assessore Salvatore Morinello, assegnò un finanziamento di 80 milioni di lire per un intervento di ristrutturazione.

 

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