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Il talento della nostra terra. Le piante spontanee: chi ricorda Vurrani, amareddri, ‘nzorbi e ‘mbriacotti?

di Dott. Paolo Scicolone

Quando si parla di esseri umani si dice che ognuno di noi possiede un talento. Scoprirlo ci permette di farlo esplodere in senso positivo ed esprimere il meglio di noi attraverso questo. Un ragazzo che ha talento per la musica o per uno sport, se sa sfruttarlo può certamente realizzare grandi obiettivi.

Questo concetto  essere traslato anche ad un luogo, una città, una terra, ad una comunità. Ogni terra possiede un talento che prova ad esprimere in modo spontaneo. Capita spesso che per esigenze imprenditoriali, economiche si deve costringere una terra a produrre ciò che il mercato richiede, sopprimendone o limitandone il talento. Cosa non sbagliata di per se ma nel tempo e con l’intensificazione delle attività antropiche si sono sottratti a molti luoghi spazi e tempo per realizzare ciò che una terra sa esprimere meglio. 

Per esempio, produrre piante spontanee. Molte delle quali commestibili o utilizzabili in altro modo dall’uomo e che in molte epoche hanno letteralmente consentito la sopravvivenza di molte popolazioni.

Importantissime per l’ecosistema e per la biodiversità nel corso dei millenni sono entrate a far parte delle tradizioni culinarie e mediche di tutti i popoli, compreso il nostro.

Le nuove generazioni non conoscono vurrani, amareddri, sanapuni, cardeddra. Ma nemmeno ‘nzorbi, ‘nzalori, ‘mbriacotti. E tante altre piante che, magari ci troviamo spesso sotto i piedi e non sappiamo che sono commestibili e molto nutrienti. Frutti ed erbe che sono parte di un patrimonio culturale e gastronomico, oltre che paesaggistico, figli di una relazione diversa e profonda fra uomo e natura. Ma cosa hanno di speciale queste piante e frutti?

Tante cose

Innanzitutto sono i figli della generosità spontanea di una terra, delle condizioni climatiche, idriche, costituzionali, bioenergetiche di una determinata zona. Riescono a trarre il meglio dalle proprietà di un terreno. E siccome anche noi siamo figli della stessa terra, nasciamo e cresciamo sotto le stesse condizioni, troviamo nelle piante commestibili spontanee il nutrimento più coerente.

Hanno forza, crescono anche dove altre piante si fermano, senza ricevere cure, resistono a variazioni climatiche, a parassiti e persino dopo lavorazioni profonde dei terreni sono pronte a riproporsi, ad esibire la loro forza e tenacia, quasi a fare un dispetto ai poveri contadini.

E da un punto di vista nutrizionale cosa comporta questa forza? La loro caparbietà le porta ad arricchirsi di tutte quelle sostanze che servono alla difesa: devono farcela da sole, senza il nostro aiuto e quasi tutte sviluppano alte concentrazioni di vitamine e sali minerali che usano per formare sostanze antiparassitarie e sono in grado di trasferire queste sostanze a noi. 

Durante gli ultimi decenni diversi studiosi, quali Franke(1985), Souci (1986) e Fritz(1989), hanno evidenziato che le verdure spontanee, rispetto agli ortaggi coltivati, contengono una quantità maggiore di sali minerali , proteine, alto tasso di vitamina a e c, notevoli percentuali di fibre.

Hanno grandi forze riparatrici, vista la loro esposizione a continui tentativi di danneggiamento. Riescono a resistere a molte sostanze tossiche. Ed infatti buona parte di queste piante hanno la capacità, come tanti sanno, di depurare e disintossicare l’organismo. Soprattutto fegato e reni, sempre più messi in difficoltà dagli stili di vita moderni. Chiaramente, a seconda delle specie, molte delle quali purtroppo estinte o in via di estinzione, esistono delle caratteristiche peculiari e anche qualche controindicazione se si è in presenza di qualche disfunzione metabolica. Recenti ricerche riguardanti molte di queste piante ne promuovono il ruolo antiinfiammatorio e rafforzativo del sistema immunitario e la grande proprietà di possedere fibre capaci di nutrire i batteri amici nel nostro intestino e persino una forte attività antitumorale. Alcuni frutti o bacche, per il contenuto in carboidrati, proteine e per il particolare profilo lipidico, sono molto indicate a sportivi, a chi soffre di diabete, agli obesi. Ovviamente bisogna saperle riconosce ed utilizzare. Ogni tanto si viene a sapere di qualche incauto raccoglitore che si imbatte, per esempio, nella velenosa Mandragora. Ma affidandosi agli esperti si può trarre tanto profitto per la salute e per il sapore dei nostri piatti.

Tutte proprietà ben note alle case farmaceutiche ed erboristiche che ne stanno traendo gran profitto. Il mercato da qualche decennio le guarda con interesse sempre crescente ed è in crescita la domanda anche dalla ristorazione di alto livello.

Sarebbe bello recuperarne la conoscenza e l’uso, che le scuole, soprattutto gli istituti ad indirizzo agro alimentare si occupino di questi tesori, che i ristoratori locali inizino a proporli come tipicità nei loro menu.

Riconsegniamo spazio al talento della nostra terra, nel nome della salute e della biodiversità e riappropriamoci della nostra identità. 

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