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Svolta sulla cannabis: ora coltivarla in casa non è reato

Le sezioni penali unite della Cassazione hanno deliberato in materia di coltivazione di cannabis: esistono dei limiti, ma ora si può

La Cassazione ha sentenziato: la coltivazione per uso domestico della cannabis non è considerabile alla stregua di un vero e proprio reato.Ma ci sono dei dettagli di rilievo da specificare sin da subito. Il primo dei particolari è quello relativo alle “piccole quantità”. Altrimenti, il rischio di commettere un reato da parte di un soggetto giuridico diviene evidente. Il limite, quindi, va sempre tenuto in considerazione. La pronuncia, per via delle festività, poteva passare inosservata, ma è balzata comunque agli onori delle cronache in questa giornata di Santo Stefano. Il testo è stato riportato da Repubblica. All’interno vi si legge che”non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica. Attività di coltivazione che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”. Non siamo dinanzi una vera e propria liberalizzazione, quindi, ma i fautori della cannabis legale possono considerare il quadro appena presentato come un passo preliminare al loro scopo. La battaglia, anche a livello parlamentare, è abbastanza aspra, per quanto riguardi per lo più il complesso normativo attorno alla vendita della versione light della cannabis. Di cannabis, comunque, si continuerà a discutere. Perché rappresenta un argomento d’attualità e perché le forze politiche di maggioranza sembrano intenzionate ad esprimere una svolta culturale, oltre che giuridica.Vale la pena sottolineare come le sezioni penali unite della abbiano, anzitutto, fatto una premessa, che è e rimane vincolante: “Il reato di coltivazione di stupefacente – hanno fatto sapere dalla Cassazione – è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente”. Un’eccezione, però, dal 19 dicembre in poi esiste eccome. Quella che riguarda appunto le “attività di coltivazione di minime dimensione svolte in forma domestica”. Bisogna però che il destinario e il produttore, in qualche modo, siano identici. Devono essere la stessa persona. E questa è la prima interpretazione che è possibile fornire, poco dopo l’emersione dei contenuti della sentenza. Per comprendere al meglio di cosa si stia parlando, tuttavia, sarà necessario attendere la pubblicazione delle consuete motivazioni. Qualche commento entusiasta è immediatamente circolato via social. Il fronte per la liberalizzazione, insomma, sembra poter cantare vittoria, per quanto il canto resti parziale.
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