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Smart working, i nomadi digitali scelgono dove lavorare per non pagare le tasse

Basta un pc e una buona connessione wi-fi

Semplificandola all’estremo: basta un buon pc e una connessione wi-fi per cercare una semplice occupazione da remoto, che permetta di vivere in qualsiasi Paese del mondo. Magari, se a questi strumenti base si aggiungono una competenza in campi ben specifici e una buona esperienza lavorativa alle spalle, trasformarsi in un «digital nomad» diventa ancora più semplice. La pandemia ha cambiato il volto del lavoro in gran parte del pianeta: ora le figure degli smart workers e degli imprenditori digitali sono usciti dalla nicchia in cui sonnecchiavano in questi anni per diventare una realtà sempre più numerosa
E così molti Paesi stanno oggi proponendo a questi nomadi digitali delle alternative fiscalmente interessanti per indurli a lasciare il loro Paese d’origine e a trasferire armi, bagagli e ufficio sulle loro spiagge o nei loro “nomad village”.
Vediamo allora quali sono questi Paesi e quali le opportunità offerte a queste nuove figure di lavoratori.

Cos’è un «digital nomad»?

Prima di cominciare vale la pena spendere qualche parola per definire meglio cos’è un «digital nomad». Sfatiamo subito un mito: il nomade digitale non rincorre le spiagge affollate sognate da ogni turista. Per essere produttivi e quindi potersi mantenere degnamente, folla e rumore non sono per nulla di aiuto. Ecco che in realtà la stanza di un albergo con una buona connessione wi-fi o una realtà di co-working sono i luoghi ideali per concentrarsi. Definire un nomade digitale però non è semplice, perché vi rientrano molte categorie diverse di lavoratori: ciò che li accomuna però sicuramente tutti è che non restano nella stessa destinazione per molto tempo (si parla di periodi che vanno dalle poche settimane ai 6 mesi circa) e che si mantengono lavorando online.

Come funziona in Italia

Il distanziamento sociale, i lockdown, la necessità di tenere i lavoratori più a casa possibile, hanno svuotato gli uffici liberando i dipendenti dalla presenza fissa in un determinato luogo. Questo, per una volta, avvantaggia un paese mediterraneo come l’Italia. Un clima migliore, uno splendido litorale e l’ottima cucina la rendono infatti particolarmente attrattiva agli occhi dei «digital nomad» del Nord Europa, ma anche per gli italiani che vogliono fuggire dalle grandi città.
Già dal 1° gennaio 2020 gli espatriati possono tornare in Italia, trasferendovi la propria residenza fiscale, godendo di una fetta enorme del proprio reddito esentasse: il 70% (che diventa del 90% se ci si trasferisce in regioni del centro-sud Italia). Lo sconto fiscale dura cinque anni, rinnovabile per altri cinque. Il requisito: avere una società italiana o lavorare per una società italiana.
Ma l’Italia non è l’unica soluzione per i nomadi digitali.

Il caso della Grecia: tasse dimezzate

Atene ha introdotto con la recente legge 4758 del 4 dicembre 2020 un regime fiscale speciale volto ad attrarre gli stranieri (ma soprattutto i greci espatriati) che desiderano trasferirsi, con la loro residenza fiscale, in Grecia. La possibilità è rivolta sia a chi intende farlo come dipendente in una “nuova posizione lavorativa”, sia ai liberi professionisti (nei quali rientrano i «digital nomad»). Di fatto, chi trasferisce la propria residenza fiscale nel Paese ellenico ha questa inquadratura fiscale:
* E’ esentato dal pagamento dell’imposta sul reddito e della tassa di solidarietà sul 50% del suo reddito da lavoro dipendente o freelance di fonte greca;
* Qualsiasi altro reddito di fonte greca ed estera viene tassato secondo le aliquote fiscali generali (con il diritto di ricevere un credito d’imposta estera per le tasse pagate all’estero a certe condizioni ecc);
* Esenzione dell’applicazione delle tasse locali sul reddito annuale figurativo derivante dalla proprietà o dal possesso di una residenza o di un veicolo ad uso privato.
Il termine per richiedere questo regime è il 31 luglio dell’anno in cui l’individuo inizia l’attività lavorativa o imprenditoriale.

Atene ha però previsto che il nuovo residente fiscale soddisfi alcuni requisiti:
* Non avere lo status di residente fiscale greco nei sei anni precedenti al trasferimento
* Provenire da un paese Ue, aderente allo Spazio economico europeo o da un paese con cui la Grecia ha un accordo valido riguardante la cooperazione amministrativa su questioni fiscali;
* Fornire servizi di lavoro in loco a un greco o a una filiale greca di una società straniera;
* Dichiarare di voler rimanere in Grecia per un minimo di due anni.

Croazia: lo speciale visto per nomadi digitali

Il 1° gennaio 2021, la Croazia è diventata uno dei pochi Paesi europei ad accogliere i nomadi digitali attraverso l’introduzione di un visto di lunga durata. La nuova legislazione che copre la residenza di questa categoria di lavoratori stranieri a distanza è stata introdotta nel dicembre 2020 come parte delle riforme della legge sugli stranieri.
La nuova legislazione croata definisce “nomade digitale” chi al di fuori dell’Ue lavori nella “tecnologia della comunicazione” o come dipendente a distanza o attraverso la propria azienda registrata all’estero. A condizione che non abbiano bisogno di un visto turistico per entrare in Croazia, i lavoratori a distanza possono richiedere un permesso di soggiorno di un anno dopo l’arrivo. Non saranno soggetti a imposta sul reddito, ma non potranno fornire servizi alle imprese croate.
Il nuovo “visto nomade digitale” ha l’obiettivo di attrarre visitatori per tutto l’anno e rilanciare la fluttuante industria del turismo della Croazia. I nuovi arrivati esperti di tecnologia potrebbero essere una risorsa locale come consumatori di beni e servizi, compresi i tanti appartamenti turistici e le ville che di solito rimangono vuoti durante i mesi invernali.

Spagna: la “residencia no lucrativa”

Discorso diverso quello spagnolo, dove Madrid ha introdotto un visto per i cittadini non Ue che non lavorano in Spagna ma che vogliono risiedervi purché abbiano un reddito da lavoro straniero (come appunto quello eseguito da remoto) o da pensione. Questa “residencia no lucrativa España”, come si chiama questo permesso, è un visto di reddito, ovvero necessita da parte del richiedente di dimostrare di avere risparmi sufficienti in un conto bancario. In alternativa, si deve essere in grado di dimostrare di avere un reddito garantito (tetto minimo annuale di circa 26 mila euro). La “non-lucrative visa” spagnola dura un anno ed è rinnovabile a scadenza biennale.
Una condizione imprescindibile è che non si può svolgere attività economiche o professionali in Spagna. In breve, vi si può vivere finché non si è un peso per il popolo spagnolo o non si occupi una posizione lavorativa locale.

Estonia: l’e-Residency

Chi la sceglie non lo fa di certo per il clima, ma è attratto dalle grandi opportunità tecnologiche. Dal 1° agosto 2020 l’Estonia accetta le richieste per i visti da parte dei nomadi digitali. L’obiettivo dichiarato è quello di attrarre residenti non europei che lavorano in remoto per società straniere. Del resto, nella capitale Tallinn è facilissimo trovare spazi di co-working nelle ex fabbriche sovietiche, così come la connessione internet è sempre ottima. Il visto per nomadi digitali permette di rimanere e lavorare in Estonia per 12 mesi, incluso anche il diritto di viaggiare dentro i confini europei per 90 giorni.
Il programma di e-Residency estone però dura da molti anni e, secondo alcune valutazioni, ha fatto guadagnare allo Stato 41 milioni di euro dal 2014. La novità è proprio data dall’interesse per i nomadi digitali, portando l’Estonaa essere uno dei primi Paesi al mondo a estendere i permessi di soggiorno anche ai dipendenti di aziende straniere.

Madeira: il villaggio dei nomadi digitali

La prima fase del Digital Nomads Madeira è cominciata il 1° febbraio 2021 a Ponta do Sol e proseguirà fino al 30 giugno. Situato sulla costa meridionale dell’isola portoghese di Madeira, il villaggio per nomadi digitali offre ai viaggiatori spazi gratuiti per lavorare con una scrivania e una sedia, accesso alla comunità di Slack e internet gratuito dalle 8 alle 22 nel centro del villaggio, ristoranti e negozi. Il progetto all’interno del villaggio turistico può ospitare fino a 100 nomadi che dovranno impegnarsi a restare almeno un mese. Ma le prenotazioni son già migliaia.
Questa iniziativa si aggiunge al visto D7 che il Portogallo riserva a pensionati e a stranieri che vivono con un reddito stabile riconosciuto (proveniente da beni mobili, immobili, proprietà intellettuale o investimenti finanziari). Sono i consolati portoghesi con giurisdizione nella zona di residenza del richiedente che possono concedere il visto D7. Il termine per la decisione sulla domanda è di 60 giorni. Il servizio consolare incaricato deve richiedere anche un parere giuridicamente vincolante alla Polizia portoghese per l’immigrazione e le frontiere, che deve emettere il suddetto parere entro 20 giorni. Il visto D7 consente al titolare di ottenere un permesso di soggiorno in Portogallo per un periodo di un anno, che può essere rinnovato per periodi successivi di 2 anni e può essere convertito in un permesso di soggiorno permanente dopo 5 anni.

Dubai: zero tasse

Fuori dall’Europa i nomadi digitali possono guardare a Dubai, città altamente connessa con potenti infrastrutture digitali. Cosa non secondaria, negli Emirati Arabi non esistono tasse sui redditi delle persone fisiche.
Per entrare a Dubai basta un visto turistico e poi richiedere di passare al programma annuale. Il programma poi consente ai richiedenti di vivere a Dubai come se fossero residenti. Offre accesso a linee telefoniche, documenti di identità da residenti, servizi bancari e la possibilità di affittare un alloggio e mandare i bambini a scuola. (Fonte corsera)

 

 

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