CronacaGela

RIAPRONO LE DISCOTECHE. VIAGGIO ATTRAVERSO I MOMENTI PIU’ BUI DELLA MOVIDA GELESE.

Di Noemi Lisi

Sono passati due anni da quando tutti i locali sono stati oggetto delle restrizioni dovute al Covid-19; due anni in cui giovani, i proprietari di locali e la gente che lavora nel settore si è ritrovata davanti a sé porte chiuse e tanti conti da pagare.

Ma che ne è stato davvero di tutti loro?

Il dato economico è sicuramente un dato di fatto davvero preoccupante, che racconta di un mondo che è stato totalmente demolito. 

Il divertimento? Si, ma non solo, anche la socializzazione, la libertà di muoversi e poter lavorare, e la spensieratezza sono tutti elementi da dover recuperare. 

Il problema riguarda una più vasta prospettiva di soggetti: DJ, animatori, tecnici del suono, musicisti, barman, camerieri, giovani, coppie ecc. 

Molti di loro hanno perso il lavoro, tanti altri hanno visto dimezzare il personale delle proprie attività, altri hanno perso la voglia di uscire fuori.

Se la vita prima del covid veniva descritta come “normale”, quella di adesso che definizione potrebbe avere?

E’ ciò che ho chiesto a chi, qui a Gela, si occupa da sempre della movida, delle serate da ballo e di musica, e delle feste organizzate. La risposta è stata sconvolgente.

Il divertimento e le feste della città sono cambiati, la gente è cambiata, ma il covid non è la loro unica motivazione.

Il covid è una maschera sotto cui si celano altri problemi?”

Ho posto la domanda a Massimo Cavallaro, animatore e ballerino, nonché titolare di un locale a Gela, aperto in piena pandemia e pronto a dare il meglio di sé nonostante tutto.

Penso che il covid non sia stato una maschera, penso che sia stato uno scusa”.

“Una scusa per cosa?”

“Una scusa per nascondere dei problemi che esistono andando oltre la situazione sanitaria”

Difatti, è proprio così. Il lockdown continuo avrebbe annientato gran parte dell’economia locale, ma non è stata l’unica causa a rendere la città di Gela del tutto immobile.

Mentre nel resto d’Italia si celebra il mese di febbraio e la tanto attesa apertura dei locali, Gela convive con l’incresciosa situazione di non possedere discoteca alcuna, pur dimostrando di avere un grande desiderio di divertirsi e poter vivere le serate nei locali. 

Il motivo risiederebbe forse nel fatto che, a quanto pare, tra imprenditori che non vogliono o “non possono” investire sul territorio e istituzioni del tutto assenti dall’azione di promozione della nostra città, i gelesi preferiscano andare a spendere il proprio denaro in altre città, più organizzate ed efficienti. 

Prima dei due anni di pandemia la città, infatti, dimostrava già dei grossi problemi a livello di organizzazione di locali adibiti allo svolgersi di serate da ballo e di musica; problemi dovuti senz’altro alla sostituzione di figure professionali con altre più economiche e attrattive; difficoltà dovute alle troppe spese e tasse, che avrebbero permesso a loro volta una diminuzione degli investimenti su tutto.

“Cosa vedi nei volti dei giovani quando sotto la tua musica ballano e si muovono liberi e sciolti?”

Quello che vedo, sono dei giovani che hanno tanta voglia di divertirsi, di socializzare e di togliere finalmente quelle mascherine che sono il paradosso di tutti noi, nati per comunicare e mostrare i nostri volti” spiega il DJ Christian Marinetti.

ⅭНRIЅЅ МɅТТΟ DJ a differenza di altre figure del campo, come DJ non ha più avuto occasione di poter lavorare liberamente nei locali a causa delle chiusure. La sua è stata infatti una delle professioni più colpite da inizio pandemia, a cui bisogna senz’altro augurare di riprendersi pienamente.

I locali che adesso avranno un nuovo riavvio sul territorio, dovranno comunque incorrere a misure di prevenzione dal contagio. Utilizzeranno solo determinate percentuali di spazio interno o esterno, e applicheranno norme di sicurezza per evitare assembramenti. 

Il messaggio che tuttavia viene lanciato con forza maggiore dai gestori e dai professionisti del settore, è quello di aspirare ad una più grande libertà, quello di rimettersi in gioco senza adagiarsi sulla scusa di “non potere”.

 Ogni cosa è possibile, solo se lo si vuole. 

Riprendersi è essenziale per fare ripartire la vita di ognuno di noi. 

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