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Caltanissetta, pazienti del S’Elia lamentano “Blackout informativo” ma l’ASP replica.

La protezione dei pazienti del Sant’Elia che, dopo essere entrati in ospedale con un tampone negativo, diventano parte integrante di una “bolla sanitaria” per essere tutelati dal virus del Sars Cov-2 crea molti disagi soprattutto per i familiari che desiderano avere notizie certe sullo stato di salute dei propri cari. E la situazione si aggrava quando il paziente non ha la capacità o la possibilità di trasmettere tutte le informazioni utili al medico che in quel momento lo ha in cura.

Quello che emerge, da quanto rilevato e raccontato alla consigliera comunale Annalisa Petitto, è un “Blackout” di informazioni che viene definito come caratterizzato da una “disumana sofferenza”.

“I familiari dei pazienti ricoverati all’Ospedale Sant’Elia sono abbandonati a sé stessi: nessuno riceve informazioni ufficiali sullo stato di salute dei propri cari. Un vergognoso blackout! Alcuni familiari sono arrivati, anche, al punto di chiamare le forze dell’ordine. Tutto ciò è disumano”.

L’ASP di Caltanissetta comprende bene le difficoltà di comunicazione che si sono create nei singoli reparti dopo che sono state chiuse le porte per motivi di protezione. Ciò, però, a loro avviso non deve comportare l’assenza di interazione con i familiari e ciò innanzi tutto per garantire il benessere del paziente. “La prassi che da due anni si mette in atto in tutto il distretto ospedaliero della Provincia di Caltanissetta – ha spiegato il Direttore Medico ff del distretto ospedaliero Area nord Benedetto Trobia – è quella di effettuare un efficace ed efficiente comunicazione fra i pazienti e i loro familiari”.

Invito che, però, a parere della consigliera Petitto non è sufficiente poichè “I cartelli con le fasce orarie prestabilite per le informazioni ai parenti, affissi alle porte del Pronto Soccorso, sono un bluff perché i medici sono pochi, pochissimi e non possono assolvere anche a questo compito.

L’emergenza sanitaria e i protocolli di degenza ospedaliera in epoca Covid non possono privare i malati ed i loro familiari di umanità e dignità.

 

Le famiglie dei malati hanno diritto di essere informati quotidianamente dello stato di salute del proprio familiare, anziano o bambino che sia, dal personale sanitario a cui, dopo ogni singolo ricovero, viene fornito il numero di telefono di un referente della famiglia.

Per giorni e giorni, invece, le famiglie dei malati restano senza notizie ufficiali, dovendosi districare tra conoscenze e amicizie per elemosinare ciò di cui, invece, hanno pieno diritto”.

Chi ha diritto ad un servizio non deve cercare favori e conoscenze più o meno “pesanti”: ne ha diritto e basta! Stante il carico dei medici e dei sanitari tutti impegnati in prima linea nei reparti, in condizioni davvero precarie, con personale ormai all’osso, chi di dovere, ovvero i vertici dell’ASP, si attivino con somma urgenza e dispongano sistemi e canali ufficiali garantire ai familiari dei pazienti ricoverati le dovute e necessarie informazioni sulle condizioni dei familiari, quantomeno una volta al giorno”.

La comunicazione ufficiale trasmessa dall’ASP mesi fa e ancora in vigore – ha ribadito il Direttore Medico Trobia – è rivolta soprattutto ai Direttori e responsabili delle Unità Operative per una “puntuale ottemperanza delle procedure volte a garantire il passaggio costante e tempestivo delle informazioni fra il personale sanitario e i familiari dei pazienti ricoverati”. Un invito che viene fatto nell’esclusivo interesse dei degenti e delle loro famiglie e tiene conto delle misure eccezionali pensate per tutelare i degenti della comunità “Ospedale”.

La consigliera Petitto avanza alcune proposte per facilitare le comunicazioni. Tra queste la possibilità di dotare i reparti di “dispositivi telefonici (tablet o smartphon) che consentano a quei pazienti ricoverati che non possono telefonare o videochiamare perché intubati, con flebo, mascherine d’ossigeno, di sentire e vedere i propri familiari, almeno una volta al giorno.
Si assegni personale ad hoc ad ogni reparto ( i medici in pensione riassunti per l’emergenza con lauti compensi, o gli psicologi, o chiunque altro), che possa anche assolvere a tale incombenza giornalmente almeno per i degenti che non ne hanno possibilità.

Le famiglie hanno diritto di confortare, di regalare un sorriso, di conoscere per le vie ufficiali le condizioni di salute del proprio caro e di monitorare come sia assistito e curato.
Si può essere così insensibili davanti ad un anziano, un bambino, una mamma, ricoverati in letto di ospedale, senza notizie delle proprie famiglie?

E’ mai concepibile ed accettabile che una madre o un figlio non abbiano alcuna notizia sullo stato di salute del proprio caro?

L’efficienza di una gestione sanitaria non si misura sul numero dei nastri tagliati per inaugurazioni o per visite ufficiali di Assessori regionali, si misura sul servizio sanitario offerto che passa, imprescindibilmente, per il rispetto e la cura umana del malato”.

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