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Sciascia, nel centenario della nascita, visto dal deputato Pagano

Sono passati cento anni dalla nascita di un faro della letteratura italiana. Un faro che, per di più , è siciliano. E’ Leonardo Sciascia, lo scrittore de ‘Il Giorno della civetta’ divenuto il manifesto di accusa degli omicidi di mafia; lo scrittore delle ‘Favole della dittatura’  e di ” Ce ne ricorderemo di questo pianeta”. E’  l’epitaffio che  Sciascia scelse per la sua tomba. “Ce ne ricorderemo, di questo pianeta”, sembra all’apparenza non celare enigmi almeno dal punto di vista del significato. E’ infatti lo scrittore stesso, l’uomo che “contraddisse e si contraddisse”, a sfidarci con l’estrema contraddizione dichiarandone le finalità: partecipare – lui il razionalista, lui l’”illuminista” – alla scommessa di Pascal e quindi a un’ipotesi di sopravvivenza dopo la morte e di esistenza di un Dio; richiamare l’attenzione, – lui che nel breve attimo di annullamento della coscienza dovuto a un malore prova  un senso profondo di felicità  sul valore insostituibile e ineludibile dell’esperienza  terrena. Su questo concetto  e sulla figura dello scrittore siciliano si terrà domani alle 18.30 a Racalmuto nella sede della fondazione Sciascia la presentazione del volume di Alessandro Pagano, ‘Ce ne ricorderemo di questo pianeta’ . “L’idea è nata da due interventi che ho tenuto alla Camera dei deputati sul valore letterario della cultura di un nostro conterraneo – racconta il deputato Pagano. Ecco parte del contenuto dell’intervento del deputato della Lega

“A cosa serve celebrare un anniversario come oggi si sta facendo in Aula? È a partire da questi interrogativi che, a mio avviso, occorre riflettere su Leonardo Sciascia, anzi – mi è consentito – al mio conterraneo Leonardo Sciascia, essendo nato a soli 20 chilometri da casa mia e che ha insegnato per molti anni a Caltanissetta. Cosa significa celebrare oggi una solennità così importante? Indubbiamente si tratta di un’occasione tra le più propizie per riportare al presente un lascito imponente di idee, di azioni e di testimonianze, che devono essere trasmesse alle generazioni future. Come diceva Benedetto Croce, occorre però saper distinguere ciò che è vivo da ciò che è morto. E che cos’è quello che oggi vive e continuerà a vivere in Leonardo Sciascia e che valgono tantissimo, al punto che mi sono permesso, nella sua imponente opera e testimonianza, di segnalarne almeno tre, che lo rendono sicuramente imperituro.

Primo, il rifiuto di ogni visione del mondo ideologica: Sciascia, nel suo percorso intellettuale, ha maturato un radicale rigetto per lo schematismo ideologico, di qualsiasi genere esso sia. Si spiega così il perché, a metà degli anni Settanta, del distacco dal Partito Comunista, di cui era stato a lungo simpatizzante, distacco avvenuto anche a seguito della posizione politica presa dal partito, allora guidato Enrico Berlinguer, sulla vicenda di Aldo Moro; o ancora certe posizioni, che poi sintetizziamo – sono state dette anche in quest’Aula – “Né con lo Stato né con le BR” oppure i professionisti dell’antimafia: che indicavano una categoria ben precisa, a significare l’uso strumentale del potere e del suo esercizio arbitrario, giustificato attraverso la copertura della legge. Quanto attuali sembrano queste parole, in periodo di COVID-19!

Il secondo tema che mi preme di ricordare è quello della sua visione della realtà: Sciascia, nelle sue polemiche politiche, che lo videro protagonista, anche in quelle più accese, non giunse mai alla demonizzazione dell’avversario, anzi, ha sempre saputo riconoscerne le ragioni, convinto della lezione di Manzoni, che la ragione e il torto non si dividono mai in un taglio così netto.

Terzo – e chiudo, Presidente – vorrei ricordare l’amore per la propria terra, per la Sicilia, che egli ha saputo esplorare, cogliendone i tratti più caratteristici e vitali, sia negli ambienti urbani che in quelli più periferici, sia nella dimensione della contemporaneità che in quella della dimensione storica. Si tratta di un rapporto spesso ambivalente, che però, negli ultimi anni della sua vita, è stato segnato da manifestazioni sempre più forti di amore e attaccamento, quale quello che ha espresso anche con giudizi critici.

Quanto sommariamente accennato intende quindi essere un’esortazione a raccogliere l’eredità di Sciascia, in un momento in cui non tutti sono disponibili ad accettarne l’eredità. C’è un tentativo di oscurantismo, Presidente, che oggi per fortuna, in maniera totalitaria, è stato respinto da quest’Aula.

L’eredità di Sciascia è quello spirito riformista opposto all’utopia ideologica, il legame con la propria terra d’origine, qualunque essa sia, il costante interrogarsi sul senso della propria esistenza e ancora di più, mi consentirete, l’instancabile ricerca, in tutti gli ambiti dell’esistenza umana, della verità”.

Nel corso della serata realizzata con il contributo della Regione Siciliana, del Comune di Racalmuto e della Fondazione Sciascia sono previsti i saluti del sindaco Vincenzo Maniglia, del presidente del Consiglio comunale Sergio Pagliaro. Gli interventi sono affidati al Alberto Maira, Tommaso Romano e Alberto Samonà assessore Regionale. Conclude i lavori l’autore Alessandro Pagano

 

Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989) è stato uno scrittore, giornalista, saggista, drammaturgo, poeta, politico, critico d’arte e insegnante italiano.

Spirito libero e anticonformista, lucidissimo e impietoso critico del nostro tempo, Sciascia è una delle grandi figure del Novecento italiano ed europeo. All’ansia di conoscere le contraddizioni della sua terra e dell’umanità, unì un senso di giustizia pessimistico e sempre deluso, ma che non rinuncia mai all’uso della ragione umana di matrice illuminista, per attuare questo suo progetto. All’influenza del relativismo conoscitivo di Luigi Pirandello si possono ricondurre invece l’umorismo e la difficoltà di pervenire a una conclusione che i suoi protagonisti incontrano: la realtà non sempre è osservabile in maniera obiettiva, e spesso è un insieme inestricabile di verità e menzogna.  Ha svolto un’attività politica importante, attestato su posizioni di socialismo democratico e marxismo moderato, poi di radicalismo liberale, garantismo e socialdemocrazia.[2] Dapprima fu consigliere comunale a Palermo (1975-1977) per il Partito Comunista Italiano, ed in seguito (dal 1979 al 1983) deputato in Parlamento per il Partito Radicale, infine fu simpatizzante del Partito Socialista.

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