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Pensioni, al via gli aumenti del 2022 (fino all’1,7% in più).

Le pensioni nel 2022

Il 4 gennaio è il giorno dell’accredito bancario delle prime pensioni, quelle che vedranno la rivalutazione dovuta all’aumento dei prezzi. Da gennaio, infatti, scatteranno gli aggiornamenti delle rendite, sulla base dell’aumento del costo della vita. Va però detto che non saranno aumenti significativi. Il tasso di inflazione provvisorio (i conti definitivi si rifaranno a gennaio 2023), è contenuto nel decreto del Mef (Ministero dell’economia e finanze) del 17 novembre, pubblicato nella gazzetta ufficiale del 26 novembre. Il provvedimento, come di consueto, ha fissato in misura definitiva il tasso di adeguamento all’inflazione dei trattamenti pensionistici corrisposti nell’anno 2021 rispetto al 2020 e ha indicato, in via previsionale, l’adeguamento da applicare dal 1° gennaio 2022. Per il 2021 le pensioni non hanno subito alcun adeguamento, mentre – validando la previsione del novembre 2020 – il decreto ha fissato all’1,7% il tasso di rivalutazione provvisoria da applicare dal primo giorno del nuovo anno. Gli aumenti sono dovuti alla necessità di compensare l’incremento dei prezzi.
Rinviata a primavera la discussione su una possibile riforma organica della materia, come richiesto dalle parti sociali, la vita continua.

Il calcolo

La rivalutazione dell’1,7% non sarà uguale per tutti, ma varierà a seconda della fascia di appartenenza di ciascun pensionato. Praticamente, tornerà in vigore il sistema a “scaglioni” (secondo la legge 288/2000), più vantaggioso per il pensionato, perché le decurtazioni del tasso di rivalutazione si applicano solo sulle quote di assegno superiori a certe soglie.

Come saranno le pensioni

Le pensioni saranno dunque così:
– di importo fino a quattro volte il minimo, sino a 2.062 euro, vedranno l’incremento pieno dell’1,7%;
– quelle di importo compreso tra quattro e cinque volte il minimo, compreso tra 2.062 e 2.577 euro, avranno il 90% dell’1,7% (una rivalutazione effettiva dell’1,53%) fermo restando la rivalutazione piena (1,7%) dello scaglione sino a 2.062 euro;
– quelle di importo superiore a cinque volte il minimo, ossia oltre i 2.578 euro, otterranno un incremento del 75% dell’1,7% (una rivalutazione effettiva dell’1,275%) fermo restando la rivalutazione piena dello scaglione sino a 2.062 euro e dell’1,53% della fascia compresa tra 2.062 e 2.578 euro.
In sostanza, una pensione di 2 mila euro lordi al mese godrà di un incremento (lordo) di 34 euro mensili. Una pensione di 2mila e 500 euro lordi al mese, che rientra cioè tra 4 e 5 volte il minimo, incasserà circa 42 euro al mese in più.

Pensioni d’oro: stop ai tagli

Vale la pena sottolineare che la bassa rivalutazione non interessa solo l’annualità in cui ha effettivamente operato, ma si trascina in modo strutturale in tutti gli anni successivi. La modesta indicizzazione riduce infatti la base del rateo di pensione su cui ogni anno si applica la perequazione e, quindi, l’importo messo in pagamento risulta ogni anno inferiore. Non bisogna dimenticare, infine, che dal 1992 tutti i trattamenti pensionistici non sono più agganciati agli aumenti contrattuali dei lavoratori in attività (come avveniva in precedenza), ma solo all’inflazione, e in modo parziale. In poco più di 20 anni, insomma, gli assegni Inps hanno visto praticamente evaporare il loro potere d’acquisto.
E infine una buona notizia, per pochi però. È importante, infatti, sottolineare che, dall’anno prossimo, non si applicherà più il cosiddetto taglio delle pensioni d’oro. Le pensioni di importo più elevato (per il 2021 superiore a 100 mila e 200 euro annui) non subiranno dunque più, dal 1° gennaio 2022, il taglio fisso in misura percentuale, attraverso l’applicazione di un contributo di solidarietà. (CORSERA)

 

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