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Rocco e Giovanna: 50 anni di matrimonio, un figlio naturale e oltre 3500 figli putativi

 

Gela –  Cinquant’anni di condivisione e 40 di militanza per la vita. “Una grazia speciale è quella che Dio vi ha riservato – ha detto ieri il Vicario Foraneo don Lino Di Dio in occasione della festa per la celebrazione delle nozze d’oro presso la chiesa dedicata a Sant’Agostino – permettendo di conservare la vostra unione tanto a lungo e di celebrare la vita in ogni suo aspetto”. Rocco e Giovanna sono arrivati a questo traguardo miracoloso: in questo tempo liquido il loro amore è solido e 50 anni di vita insieme ne sono una prova tangibile. Cinquant’anni, un figlio, un nipotino e oltre 3500 vite salvate dall’aborto. Numeri da capogiro nel tempo dell’edonismo, dell’egoismo sfegatato, nel tempo del “non lo posso mantenere un altro figlio, ci sono tante spese”. E le spese sono le griffe massificanti. E si sacrifica una vita. Loro sono riusciti a convincere più di 3500 mamme a tenere i loro bambini, oggi uomini e donne impegnati nella società. Doppia festa per Rocco e Giovanna Giudice. Il loro anniversario cade il 31 luglio. Avevano scelto il sacerdote di Canicattì che aveva celebrato nel 1971 il loro matrimonio ma non è stato possibile quindi c’è stata una prima celebrazione la settimana scorsa e quella di ieri a cui hanno assistito amici e parenti. Rocco e Giovanna sono molto conosciuti in città per il loro impegno sociale e religioso.

Ecco cosa abbiamo pubblicato nel gennaio scorso:

Sembra che il soffio della vita che Dio ha elargito sul fango per creare l’uomo, h avvolto Rocco e Giovanna Giudice, quando ancora erano giovani genitori, in modo speciale. Così hanno iniziato la loro battaglia per la strenua difesa della vita nascente. Erano gli anni della rivoluzione post sessantottina: da poco era entrata in vigore la legge sull’aborto dopo le lotte dei maoisti e dei figli dei fiori, sull’emancipazione della donna. Sradicare la vita che nasceva nel grembo materno non era più reato! Rocco e Giovanna, 69 e 66 anni, invece sceglievano la vita, contro le tendenze avanguardiste. A loro la vita ha donato un figlio naturale. Ma di figli putativi ne hanno ben 3515. Tanti sono i bimbi che hanno ‘salvato’ dal forcipe. Oggi sono padri e madri di famiglia che la coppia riconosce e possono dare un volto alle loro battaglie; loro hanno vinto sulla morte dei bambini mai nati. Perché i figli del Cav, il Centro Aiuto alla Vita, hanno un nome ed un cognome e hanno altri figli e nipoti. Sono la generazione dei figli salvati. Siamo a Gela, Sicilia, dove da 40 anni questa coppia, insieme a decine e decine di volontari, è al servizio della vita e della vita nascente. Li incontriamo proprio nella sede del Cav, un piano terra affittato dall’ex provincia, tappezzato di manifesti che promuovono la vita e la maternità.  “Il nostro Cav è sorto nel 1979”, ricordano i coniugi. “Condividemmo il nostro inizio con i due pilastri della nostra Diocesi: l’allora vescovo mons. Sebastiano Rosso e mons. Gioacchino Federico. Ci dissero: ‘Siete coraggiosi, il vostro sarà un cammino irto di difficoltà, ma abbiate fede, siate prudenti, vigilanti e determinati nel promuovere i diritti dei deboli’. E chi è più debole di un bambino che grida il suo diritto di nascere quando è minacciato di morte nel grembo materno e non viene ascoltato?”. Così, di ritorno da Firenze, dove tramite il quotidiano cattolico ‘Avvenire’, venivano chiamati a raccolta, uomini e donne di buona volontà, che promuovessero, con sollecitudine e senso di responsabilità, il ‘Diritto alla Vita’ del bambino concepito, hanno fondato quello che sarebbe stato il secondo Centro Aiuto alla Vita della Sicilia. “Abbiamo capito che quella era una chiamata, un’opportunità – si commuovono -. Quante mamme in difficoltà abbiamo incontrato! Quanti fratelli ci hanno aiutato in questa nostra missione: medici, sacerdoti, catechisti, psicologi, assistenti sociali, avvocati. Tutte belle figure professionali che con le loro competenze hanno sostenuto e lo fanno ancora, gratuitamente il nostro impegno per l’accoglienza della Vita. Il sorriso di un bimbo sottratto all’aborto e la serenità riconquistata dalla mamma ci danno la forza e nuova linfa per continuare il nostro operato”. Così che il Cav ha presentato al Signore le esperienze, le trepidazioni, le emozioni, le gioie di un vissuto che per quattro decenni, ed ancora, ha alimentato l’associazione gelese raccogliendo il sì di 3515 donne che di diventare mamme non ne volevano sapere. “A loro abbiamo rivolto il nostro sguardo, per fa si che le difficoltà per una gravidanza inattesa non le facessero sentire sole, ma amate, accolte, non giudicate. Pensiamo che siano molto di più ‘i salvati’ per altre vie, che Dio Padre ha tracciato per loro – aggiungono -. Sono state sostenute donne in gravidanza con cultura medio – bassa, che non sapevano che la vita inizia con il concepimento”. Oggi, raccogliendo il suggerimento di un sacerdote, recitano una volta al mese il ‘Rosario della Vita’ fuori dai cancelli dell’Ospedale “Vittorio Emanuele”. “Iniziata questa pratica, in città tutti i medici si sono dichiarati obiettori e quindi da più di cinque anni non vengono più eseguiti aborti chirurgici e ci auguriamo che non ci siano donne che facciano uso di pillola abortiva”, sostengono orgogliosi. I Centri di Aiuto alla Vita in Italia sono 450. Quello di Gela è stato fondato all’ombra di una meditazione che “come nostra quotidiana abitudine, ci aiuta a riscoprire sempre più la nostra vocazione di sposi cristiani”. “Una mattina del ‘78 – ripercorrono Rocco e Giovanna – Chiara Lubich ci ha fatto meditare sulla Parola di Dio: ‘qualunque cosa avrete fatto ad uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’. Quella Parola toccava il nostro cuore profondamente e stava parlando a noi due! Ci siamo soffermati a riflettere che il nostro fratello più piccolo, era anche quel bambino concepito al quale gli si impediva di nascere”. Quella di Rocco e Giovanna, da sempre insieme uniti nella vita e per la vita, è la storia di chi insegna ogni giorno ad amare il proprio figlio ancora non nato: loro non hanno masi smesso di predicare l’amore, l’ascolto, la condivisione che rendono più sereni i giorni della gravidanza aiutando le future mamme a riscoprire la ricchezza che Dio mette tra le loro braccia, un dono chiamato figlio.

Andrea Cassisi

per la rivista ‘Credere’

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