Politica

L’era barocca M5s: 10 organi ma a comandare sono sempre Grillo e Conte

Conte e Grillo si accordano per limitare l’uno il potere dell’altro ma della famosa democrazia diretta non c’è traccia. Lo statuto consegna ancora di più il M5S ad una diarchia. Per votarne l’approvazione occorre essere iscritti da almeno 6 mesi mentre per sedersi in cima non serve nemmeno essere iscritti.

Trentanove lunghissime pagine, dieci organismi nuovi di zecca per confermare quello che già si sapeva: nel Movimento 5 stelle comandano in due. Giuseppe Conte si palesa alle 18.30 per una finta diretta su Facebook con la quale presentare il nuovo Statuto. Legge un testo per una decina di minuti, appoggiato a una scrivania, camicia bianca e libreria a fare da sfondo. “Ripartiamo con slancio e forza, non ho mai agito per mio interesse personale, il Movimento 5 stelle sia compatto, è necessario essere uniti”, dice l’ex premier. Non cita mai Beppe Grillo, l’altra metà della diarchia che sarà a capo dei pentastellati, annuncia battaglia sulla giustizia: “Vogliamo processi veloci, ma mai soglie d’impunità, non rischieremo che processi come quello sul ponte Morandi rischino l’estinzione”, e avverte che le riforme approvate dai suoi governi, a partire dal Reddito di cittadinanza, “non possiamo accettare che vengano cancellate.

Appena termina ecco sul nuovo sito del Movimento comparire lo Statuto. Conte sarà il Presidente, unico candidato di una votazione pro forma che si terrà probabilmente il 5 e 6 agosto prossimi, a meno che in prima battuta, il 2 e 3 dello stesso mese, non si raggiunga la maggioranza assoluta degli iscritti.

È la definitiva trasformazione del Movimento 5 stelle in partito tradizionale. Sono addirittura dieci le strutture al quale si affiderà per l’organizzazione interna: presidente, garante, Consiglio nazionale, Comitato di garanzia, Collegio dei Probiviri, tesoriere, Comitato nazionale progetti, Comitato per la formazione e l’aggiornamento, Comitato per i rapporti europei e internazionali e Comitato per i rapporti di prossimità territoriale. A questi vanno aggiunti i vicepresidenti, tra cui un vicario, in numero imprecisato, che verranno designati da Conte.

Il testo certifica una novità di cui comunque a lungo si è parlato nei giorni scorsi: finisce l’era di Grillo primo super partes, dominus dell’universo pentastellato, ma non inizia quella di Conte. I due dovranno convivere in un complicatissimo equilibrio di pesi e contrappesi che garantisce ad entrambi margini di manovra, sublimato da un comma (il c dell’articolo 7) che recita così: “La consultazione in Rete per la conferma della sfiducia al Presidente è indetta senza indugio dal Garante. La consultazione in Rete per la conferma della sfiducia al Garante è indetta senza indugio dal Presidente”. Eccolo il paracadute per entrambi, la possibilità di azionare la clava della sfiducia (termine che ricorre per ben 8 volte nel testo) reciproca, da utilizzare con molta cautela, essendo necessario che partecipi alla votazione la maggioranza assoluta degli iscritti, numero mai raggiunto nella storia M5s.

Conte avoca a sé la titolarità della linea politica, la direzione e il coordinamento della comunicazione, la rappresentanza legale e l’utilizzo del simbolo, la designazione dei vicepresidenti e dei coordinatori territoriali e l’assunzione del personale. A Grillo la custodia “dei Valori fondamentali dell’azione politica del MoVimento 5 Stelle” la scelta degli organi di controllo, il Comitato di garanzia (che può anch’esso sottoporre al voto la sfiducia del presidente in caso di unanimità dei tre membri) e i probiviri, con poco potere di interdizione formale sulle scelte del presidente, anche se un pronunciamento del garante di sempre ha in quel mondo un peso specifico derivante dal carisma personale che travalica i cavilli statutari.

A assistere Conte il Consiglio nazionale, composto da una trentina di membri: i capigruppo a Roma e a Bruxelles, un rappresentante della squadra di governo, un rappresentante di Comuni, Regioni e Province autonome, sedici delegati territoriali (4 ognuno per Nord, Centro, Sud e isole), oltre ovviamente al presidente e ai sui vice. Un organismo ampio, il cui unico vero potere è quello di esprimere un parere necessario ma non vincolante in caso di decisione sull’adesione a un governo o alleanze alle elezioni politiche o amministrative. Per il resto Conte avrà le mani abbastanza libere, avendo il Consiglio nazionale il solo e vago compito di coadiuvare il Presidente nella determinazione e nell’attuazione della linea politica.

Cambiano le 5 stelle, che diventano rappresentative di beni comuni, ecologia integrale, giustizia sociale, innovazione tecnologica e economia eco-sociale di mercato. La Carta dei valori rottama l’epoca del vaffa, con un apposito comma “pedagogico”: quello su “La cura delle parole”, che recita così: “Le espressioni verbali aggressive devono essere considerate al pari di comportamenti violenti”, seguono appunti sull’inopportunità di “dichiarazioni irriflesse” e della “superficialità di pensiero”.

Onnipresente la questione soldi, come da tradizione nella storia pentastellata. Sarà stabilita un cifra massima per i parlamentari ad ogni legislatura, con l’obbligo di devolvere le eccedenze un po’ al partito e un po’ al fondo restituzioni, prevista anche una penale per chi se ne va, pari al 50% degli incassi derivanti dalla carica in un anno solare. Predisposto uno scudo per i ricorsi, che dovranno passare dai probiviri, quindi da una mediazione e infine da un arbitrato. Il grande assente annunciato è qualsivoglia riferimento alla regola dei due mandati. Per quello ci sarà tempo per dividersi. (huffingtonpost)

 

Mostra Altro

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button