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La testimonianza: “Essere negativa dopo il coronavirus non significa essere guarita”

Serve la terapia di riabilitazione

Gela – “Leggo nei bollettini diffusi dalla stampa ‘guariti da Coronavirus’. Macchè guariti. In letteratura scientifica un percorso di riabilitazione dopo il tunnel della malattia ma in Sicilia non esiste affatto”- E’ l’amaro sfogo di una nostra lettrice che ha passato momenti bui a seguito del contagio. Nella sua famiglia è successo di tutto a novembre. Lei contagiata, la nuora pure mentre era in gravidanza. Per fortuna tutto sembra essersi risolto per il meglio: adesso Concetta Giorrannello è negativa, la nuora pure. E’ nata una splendida bambina sana e noi a suo tempo l’abbiamo annunciato. Ma quanti riverberi sulla salute…..”Da quando sono negativa – racconta Concetta – non sono più la stessa. Il respiro è affannoso, l’umore a terra ed ho perso la mia sicurezza interiore. Ma in Sicilia medici e politici, hanno mai sentito parlare di riabilitazione da coronavirus? Eppure esiste in altre regioni d’Italia. Come posso tornare al lavoro in questo stato”. La nostra lettrice ha perfino rifiutato l’intervista video, tanta è il suo stato di prostrazione interiore. “Ho perso tanto del mio stato di salute che vantavo prima di questa terribile avventura, ma di questo non si occupa nessuno. Per il servizio sanitario io risulto guarita. Per lo Stato posso tornare a lavorare. Certo per loro sono guarita in quanto il tampone dice ‘negativa’. Ma non è proprio così. Ci sono conseguenze all’apparato respiratorio che restano permanenti se non si segue un percorso riabilitativo. Come dopo una frattura o dopo un ictus.

Ecco cosa riferiscono le riviste specializzate:

Fatica, affanno per attività minimali, difficoltà attentive, insicurezza, ansia: il virus è in grado di colpire diversi organi, o interi apparati, e di determinare lesioni e disturbi duraturi e debilitanti.

Quali sono i sintomi più persistenti o che ritardano a scomparire? Di quale riabilitazione hanno grande bisogno i pazienti Covid-19?

Le manifestazioni residue dopo l’infezione Covid-19 sono variabili e dipendono soprattutto dallo stadio di gravità nella fase acuta: da paucisintomatico alla necessità di intubazione e di trattamento rianimatorio, dalle complicanze intercorse, dalla situazione clinica pregressa e dal livello di fragilità del paziente (età e livello di autonomia funzionale).

La maggior parte dei pazienti che abbiamo trattato all’Ospedale Sacra Famiglia di Erba erano anziani con plurime comorbilità. Spesso dopo la guarigione hanno residuato debolezzanecessità di assistenza nelle attività primarie di vita quotidiana, come semplicemente lavarsi, vestirsi, alimentarsi, utilizzare i servizi, camminare.

Il più delle volte i quadri clinici sono disparati o coinvolgono più apparati: cardiologicineurologicigastrointestinalialterazioni del sangue, anche se il più delle volte riguardano l’apparato respiratorio.

Infatti, l’infezione da Covid-19 colpisce prevalentemente i polmoni con un quadro di polmonite interstiziale diffusa.

L’intervento fisioterapico è modulato diversamente secondo le fasi cliniche del paziente: è sempre adeguato alle necessità clinico funzionali che il malato stesso ha in quel momento.

Nella fase acuta con insufficienza respiratoria, per esempio, l’attività motoria deve essere risparmiata per evitare l’incremento del consumo di ossigeno, già gravemente compromesso, mentre vanno effettuate posture e manovre di espansione toracico polmonare, di drenaggio delle secrezioni. Quindi le manovre sono prevalentemente passive.

La supplementazione dell’ossigeno è estremamente importante, spesso accompagnata dalla ventilazione assistita o ad alti flussi nelle modalità più efficaci e più adeguate al paziente. Nella fase post-acuta dell’insufficienza respiratoria abbiamo delle persone in cui l’indebolimento generalizzato, l’allettamento e la fatica sia respiratoria che motoria sono predominanti. Spesso ci sono situazioni depressive o di decadimento cognitivo, anche per il prolungato isolamento e la perdita delle relazioni con i familiari.

 

L’importanza della riabilitazione: un’incredibile spinta motivazionale per i malati

Nei soggetti fragili, come gli anziani, osserviamo un grave decadimento delle capacità cognitive, tra cui:

  • deficit di memoria, di orientamento nel tempo e nello spazio;
  • fasi confusionali, spesso accompagnate da agitazione o da manifestazioni allucinatorie;
  • perdita della criticità e della capacità di risolvere piccole necessità personali;
  • ricerca costante di attenzione con la reiterazione delle stesse richieste;
  • atteggiamento di rifiuto a svolgere qualsiasi attività (dall’alzarsi all’alimentarsi).

Il tentativo, non semplice, è quello di far riprendere una minima consapevolezza di sé stessi, di aiutare a recuperare l’attenzione e a risolvere insieme piccole attività del quotidiano, favorendo allo stesso tempo una socializzazione con gli operatori. In questo, i dispositivi di protezione non sono di aiuto, perché creano un ostacolo fisico e psicologico, ma sono indispensabili.

Se la persona è collaborativa, l’attività sarà finalizzata al graduale recupero della resistenza (con o senza ossigeno) e dell’autonomia funzionale, tramite facilitazioni negli spostamenti e nel cammino, all’utilizzo degli ausili più idonei a far recuperare la fiducia e la sicurezza nei propri mezzi. Inoltre, viene favorita la terapia occupazionale per riprendere confidenza con le attività della vita quotidiana.

Nell’ultima fase gli esercizi respiratori saranno maggiormente attivi e il paziente sarà guidato a riprendere e a riconoscere le proprie capacità funzionali. Solo vedere i valori del saturimetro, ovvero dell’ossigenazione, che rimangono stabili durante l’esercizio dà una spinta motivazionale incredibile, perché indica l’avvicinarsi della guarigione e del rientro a casa.

Se sei un paziente reduce da un ricovero Covid e vuoi sottoporti ad una visita di controllo o ad un intervento diagnostico personalizzato, richiedi un consulto compilando questo form.

Fatica, affanno per attività minimali, difficoltà attentive, insicurezza, ansietà e disturbi del riposo notturno: purtroppo, spesso residuano dei quadri disabilitanti anche al domicilio. È bene sottolineare che molto frequentemente si riscontrano dei danni a livello polmonare, evidenziabili radiologicamente per diversi mesi. Questo lasso di tempo è però indicativo, in quanto non si ha ancora la certezza dell’effettiva durata delle lesioni.

Il nostro impegno è di fornire un piano di lavoro al domicilio e quando serve un programma ambulatoriale motorio e respiratorio che accompagni e rafforzi la ripresa della persona. Sarebbe ottimale avere il supporto di strutture territoriali che svolgessero tali attività, perché le limitazioni di accesso e l’impegno gravoso all’interno dell’Ospedale per la persistente pandemia, sta limitando pesantemente il nostro apporto in queste situazioni.

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