Parvenu

Parvenu. Elena Mocchetti, a caccia di umanità, se n’è rimasta.

Ho conosciuto Elena in Sicilia, a Gela. Ella milanese di origine, si trovava dalle mie parti per fotografare, creare un lavoro che, l’avrebbe vista impegnata sulla migrazione, quella africana in Sicilia. Preferiva andare nei luoghi dello sfruttamento, del lavoro in nero,quello dei ghetti impenetrabili, il mondo dei serricoltori, e la nostra costa n’è piena. Aree di campagna circoscritte a quartieri, frazioni, con stradine di collegamento a camminanti, come fantasmi, echeggiare nella propria campagna a ombre esistenziali. Luoghi, apparentemente silenti ma pieni di vita. Elena, mi fu la presentata da Stefano D., un compagno di strada, di politica civile insomma. Era il lontano 2016, quando ci si confrontava più frequentemente di politica e ambiente, e noi, mai candidati ci credevamo autorevoli opinionisti. Faceva freddo quel giorno a Gela, ma S. volle contattarmi, come solito fare d’urgenza, pensando che, Elena un’artista, per così dire sociale, sarebbe valsa la pena incontrarla. In verità, lei, era fotografa e ricercatrice, già consolidata, così mi disse e fu nei fatti. Capii subito, la sua preparazione in fatto d’arte, sapiente in certe dinamiche professionali ma ella, volle capire cosa facevo di così interessante nella mia pittura. Con Elena vi fu intesa da subito. Poi, ho cominciato a conoscerla poco alla volta, vedevo le sue fotografie nel tempo, cosa che, mi entusiasmano finora, osservandole una dopo l’altra. Ma qui , vorrei dire delle cose, prima di scrivere questo mio appunto di adesso, Elena mi scrive così di recente in una sua lettera del 14 agosto : “…gli Incontri sono semi preziosi, che determinano la costruzione della nostra Identità. Un gesto rivoluzionario e fortemente politico quello di Giovanni in un Sistema che giorno dopo giorno prova in ogni modo ad annientare

 

l’ Individuo Sociale a favore di una Massa sempre meno consapevole e critica. Se è vero che da sempre la fotografia e la pittura si contaminano e si cercano è altrettanto certo che quella materia mi arrivò addosso come una scultura, con il peso della sensibilità e della poetica di chi riesce ancora a non perdere contatto con la realtà.
La fotografia come la pittura, la scultura, l’architettura e tutte le grammatiche delle Arti attraverso l’Immaginazione generano un ALTERAZIONE dei processi e delle scale di misurazione che definiscono le forme, i volumi e le relazioni dei dispositivi sociali che ci determinano e condizionano…”
Ma questa, però , non è politica, è turbamento, inquietudine , bellezza, senso di etica e onestà intellettuale, che, nel tradursi l’ho scoperto osservando il suo lavoro. Conoscitrice della storia dell’arte, delle più disparate composizioni rinascimentali, e del Novecento, la sua oggettività , è una catarsi tutta nuova ma che incarna la fotografia tradizionale. Mi colpisce questo suo testo per “l’alterazione”… Sembra, una reporter ma non lo è, una fotografia prestata alla pittura, ma non lo è, forse pittura prestata alla fotografia? Non lo è neanche. Eppure, da lei imparo molte cose, e ne vorrei possedere le doti (fotografo molto), nonché le foto che fa per poterle incarnare in pitture. Fotografie dunque, ricche di volumetrie, vive nelle proprie figure, ne assumono tutta la plasticità, che oggi, poca figurazione in giro, pittura compresa, riesce a restituirci. Ella, ci fa osservare nature indicibili, racconta vite e passioni, sacrifici religiosi , usi e costumi senza mai sapere di folklore, perché sa meglio di chiunque altro, che, la verità passa sempre attraverso un visibile e un codificabile segno asettico, e non per semplificazione come oggi, fanno le mode minimaliste, pervadendo pure, le ricerche dei puristi. Elena Mocchetti, ha poetica da vendere e trasgressione da donare, quella dei grandi artisti nel senso più alto del termine. La sua poetica è umanesimo. Parallelismi storici li vedo con Lewis Hine , fotografo americano di grande coraggio, che, con grande crudezza, documentó la vita degli immigrati in arrivo a New York nei primi del Novecento e le condizioni dei bambini costretti a lavorare nelle fabbriche in nome del progresso. Ma ci vedo pure la severa composizione di Cartier-Bresson, come Elena, aveva studiato Belle Arti, e il maestro francese voleva fare il pittore…
E per ricondurci ad un concetto che vale quanto un linguaggio espressivo, il filosofo ed esteta Baumgarten, ci ha spiegato(nel ‘700), un manoscritto definito Aestethica, come ad una una specie di codificazione visiva, parlare e descrivere le personalità dell’arte , sia per bellezza, per bene che per verità. Il percorso degli artisti, si sa poi, deve attraversare questa spinosa realtà creativa, fatta di personalismo, schiavo delle proprie passioni, ma dall’altro, nel bene di un destino comune, che la stessa arte può condurre. Del resto, per dirla con tutto l’illuminismo di Francisco Goya, il quale, da pittore di corte, preferisce stare dalla parte del popolo, massacrato dall’eccidio intestino di una Spagna invasa dallo straniero, i suoi moti rivoluzionari, sapevano di profonda etica, quella della scelta e del carattere dell’individuo, affrancare gli invasi, difendendo il proprio popolo, e il maestro spagnolo, lo esprimeva con le sue incisioni(i capricci) e successivamente, ne “la pittura nera”, un linguaggio surreale e precursore di modernità. Ma non è nazionalismo il suo, bensì umanesimo, quello che, spesso, ci vede affrontare la vita di tutti i giorni, fatta da varie sfumature di colore, della convivenza e dell’armonia tra culture. E questo, Elena, ce lo dona con abnegazione, introducendoci ad una riflessione, come farebbe lo stesso Pasolini nella cioceria, quella marginale periferia romana, non protagonista ma con lo sguardo fiero, indigeno e vero. Che sia cinema, fotografia o pittura, gli odori acri della periferia sono realtà che somigliano un po’ a tutti. Lavoro di “resistenza” si, ma senza compromesso, ove non ci si concede alla tecnica delle stucchevolezze, ma al tecnicamente puro, quello della scelta di utilizzare la pellicola. Lo strumento come nutrimento, dirige le proprie forze verso una strada, quella dell’oggettività, dei realisti porci una verità che parla di vero, più vera del vero, svelarne con estetica e maestria, ma sopratutto, facendoci scoprire e amare l’uomo, centro dell’universo.

 

 

 

 

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