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L’8 marzo al tempo del Covid-19

In questi giorni, vediamo ovunque immagini di infermieri, dottoresse e ricercatrici che aiutano pazienti o cercano cure per il coronavirus. Donne coraggiose e sfinite dal lavoro, le guance segnate dalle mascherine. Si stanno sacrificando per salvarci e curarci: stanno dando tanto e specialmente in questo 8 marzo sarebbe giusto ricambiare tanta dedizione.

Ma è difficile sconfiggere le vecchie abitudini e questo si evince anche dalle piccole cose. Da Milano ci arriva la notizia che mentre i medici – professione ancora a maggioranza maschile – non pagano il parcheggio per accedere agli ospedali, gli infermieri – di cui il 78 per cento in Italia sono donne – sono costretti a pagarlo. Sarà un caso? C’è già la petizione per rimediare questa ingiustizia: “In questi giorni in cui stanno gestendo l’emergenza Covid19, che li costringe spesso a fare doppi turni, in cui le loro stesse vite sono a rischio, il Comune li ‘premia’ facendo loro multe a raffica.”

Anche in tempi normali non è una vita facile per le donne che lavorano nella sanità: le dottoresse italiane sono tra le più insoddisfatte e discriminate d’Europa, mentre l’Italia ha una percentuale di infermieri tra le più basse dell’Ocse, costretti a sobbarcarsi un carico di lavoro inimmaginabile.

Covid-19 avrà un impatto forte su tantissime lavoratrici – pagate e non – di questo Paese. L’Italia ha uno dei tassi di partecipazione femminile al lavoro tra i più bassi dei paesi dell’Ocse, attorno al 48%, percentuale che vede la presenza di tanto lavoro non retribuito. Ma l’ingiustizia non finisce qui: l’Italia è infatti al 126esimo posto al mondo per la parità retributiva tra uomini e donne, il famoso gender pay gap che ancora non riusciamo a colmare.

Come ben sappiamo, la scarsa indipendenza economica ha pesanti effetti collaterali: le donne (e gli eventuali figli) non indipendenti economicamente hanno molta più difficoltà a lasciare partner violenti ed esitano dunque a denunciare abusi sul lavoro per paura di essere licenziate.

Su questo sfondo già di per sé grigio si stagliano poi le previsioni sugli impatti devastanti che il virus produrrà sull’economia. Previsioni che riguardano tutti ma che sicuramente avranno ricadute forti sulle donne che hanno responsabilità maggiori verso la famiglia e che hanno spesso lavori precari. Il governo ha assicurato, insieme al decreto di chiusura delle scuole, il raddoppio delle risorse fino a 7,5 miliardi di euro per aiutare le famiglie, e congedi parentali straordinari per i lavoratori pubblici e privati. Ma non c’è dubbio che il carico – soprattutto per le donne – non si alleggerirà durante questo periodo. Nelle corsie d’ospedale così come a casa – con i figli da seguire quotidianamente, per via delle scuole chiuse – sono ancora una volta le donne a dover reggere il peso più grande della crisi.

Le persone si sono mobilitate lanciando petizioni per sostenere i lavoratori e le lavoratrici che saranno impattate dal coronavirus. Francesca Mortara ha lanciato una petizione per chiedere di dare un aiuto alle partite IVA, “una costellazione di lavoratori che non sono dipendenti, ma dipendono eccome dalle decisioni sul tenere aperto o chiudere prese dalle aziende con cui lavorano.” C’è chi chiede sostegno agli educatori professionali lasciati a casa senza stipendio o aiuto per gli asili nido che chiudono – altro settore con forte partecipazione femminile. Maria Santi ha appena lanciato una petizione che chiede voucher per i babysitter, un tema che è entrato nell’agenda politica nazionale.

Tornando al personale sanitario, Bernardo Tacchini propone di dare a medici, infermieri e volontari una medaglia al valore. “Questi eroi continuano a lavorare, indefessi, sapendo che probabilmente non ci sarà una retribuzione economica per il loro sudore, le ore strappate agli affetti, alla loro vita, oppure se ci sarà non sarà adeguata allo stress, al dolore, alla paura. Ma non per questo si fermano”, scrive nella sua petizione.

Certo, una medaglia al valore sarebbe un bellissimo riconoscimento simbolico ma se vogliamo onorare il personale sanitario – incluse le 168mila dottoresse e le 234mila infermiere – questo 8 marzo, dovremmo sostenerle assicurando loro dignità, opportunità e parità economica ed eliminando il cosiddetto il gender pay gap, ovvero la disparità retributiva tra uomini e donne. Magari intanto potremmo iniziare non facendo pagare il parcheggio a questi professionisti in prima linea, ogni giorno, contro il Covid-19. (FQ)

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