Attualita

Le mafie gemelle di Ucraina e Russia e i traffici di droga, gas e oro

DI ROBERTO SAVIANO

Quando nel marzo 2016 chiesi a Garry Kasparov, uno dei più grandi scacchisti della storia, il ruolo della mafia russa, lui rispose: «Tanto, sulle questioni fondamentali agiscono sempre su ordine del vertice». E chi è il vertice, mi affrettai a chiedere? «Ovviamente, Vladimir Putin», mi rispose Kasparov, stupito di doverlo ribadire. Mi chiedo come sia possibile che nel dibattito internazionale sia del tutto assente la domanda fondamentale: qual è il ruolo delle organizzazioni mafiose in questa guerra? Nessuno che si chieda come sia possibile che, in un territorio da sempre completamente egemonizzato dai cartelli criminali, questi non siano né citati, né conosciuti, né considerati dai reporter e dal dibattito politico. Ciò che per decenni ha tenuto unite Ucraina e Russia è la mafia. E questa guerra è una guerra che ha la sua vocazione mafiosa dietro il mascheramento geopolitico del conflitto con la Nato con l’Europa. Guardare come si stanno comportando i clan mafiosi significa capire la guerra. È così sempre: in Afghanistan, nella guerra in Jugoslavia, in Siria, in Congo. Identifica le mafie, osservale e scoverai i veri interessi.

Nonostante la memoria dell’Holodomor, il terribile olocausto della fame che il governo bolscevico russo ha perpetrato sugli ucraini tra il 1932 e il 1933 (ammazzando di stenti sei milioni di persone) la criminalità organizzata russa e ucraina da sempre sono state gemelle. La più importante organizzazione mafiosa russa, la Solncevskaja bratva, ossia la Brigata del Sole, è governata da una diarchia: il russo Sergej Michajlov, detto «Michas», e l’ucraino Semyon Mogilevich, detto «The Brain». Per comprendere d’immediato la loro potenza economica riporto di seguito alcuni dati provenienti da diversi studi condotti fra il 1996 e il 2011 dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine: 1 miliardo di dollari è il guadagno annuale dall’esportazione di eroina in Cina, 8 miliardi di dollari sono i proventi della mediazione della vendita dell’eroina afghana, 620 milioni di dollari il profitto ricavato dal legname russo tagliato illegalmente per il mercato cinese delle costruzioni. Questi elencati sono solo la superficie della loro attività. La massa di soldi che l’organizzazione ricava, li ricicla e investe in Europa, negli Usa e in Israele. Solo nel 2018, per esempio, ha riciclato 50 milioni di euro di beni immobili in Spagna, meta prediletta dagli affiliati della Solncevskaja insieme alla Svizzera, dove Michajlov «Michas» è proprietario di una lussuosa villa (del resto su Wikipedia è segnalato come businessman; quello che è considerato il capo di una delle organizzazioni più potenti del mondo dal 1991 al 1994 ha lavorato alla Parma Foods, una joint venture russo-italiana).

Nonostante la memoria dell’Holodomor, il terribile olocausto della fame che il governo bolscevico russo ha perpetrato sugli ucraini tra il 1932 e il 1933 (ammazzando di stenti sei milioni di persone) la criminalità organizzata russa e ucraina da sempre sono state gemelle. La più importante organizzazione mafiosa russa, la Solncevskaja bratva, ossia la Brigata del Sole, è governata da una diarchia: il russo Sergej Michajlov, detto «Michas», e l’ucraino Semyon Mogilevich, detto «The Brain». Per comprendere d’immediato la loro potenza economica riporto di seguito alcuni dati provenienti da diversi studi condotti fra il 1996 e il 2011 dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine: 1 miliardo di dollari è il guadagno annuale dall’esportazione di eroina in Cina, 8 miliardi di dollari sono i proventi della mediazione della vendita dell’eroina afghana, 620 milioni di dollari il profitto ricavato dal legname russo tagliato illegalmente per il mercato cinese delle costruzioni. Questi elencati sono solo la superficie della loro attività. La massa di soldi che l’organizzazione ricava, li ricicla e investe in Europa, negli Usa e in Israele. Solo nel 2018, per esempio, ha riciclato 50 milioni di euro di beni immobili in Spagna, meta prediletta dagli affiliati della Solncevskaja insieme alla Svizzera, dove Michajlov «Michas» è proprietario di una lussuosa villa (del resto su Wikipedia è segnalato come businessman; quello che è considerato il capo di una delle organizzazioni più potenti del mondo dal 1991 al 1994 ha lavorato alla Parma Foods, una joint venture russo-italiana).

Il mediatore in fuga

L’Ucraina era trattata come una colonia da cui estrarre grandi rendite senza pagare le tasse; i fondi venivano depositati in paradisi fiscali offshore. Dymitri Firtash, il grande mediatore del gas è fuggito dall’Ucraina, rifugiandosi in Austria per evitare l’estradizione, ed è accusato negli Stati Uniti di corruzione per 500 milioni di dollari. Firtash era legato al presidente della campagna di Trump, Paul Manafort, e ha come avvocato a sua disposizione Rudolph Giuliani, legale di Trump condannato nel 2021 per aver «comunicato dichiarazioni manifestamente false e fuorvianti a tribunali, legislatori e all’opinione pubblica in generale (…) in relazione al fallito tentativo di rielezione di Trump nel 2020». È Firtash stesso ad aver svelato che l’alleanza russo-ucraina si basava su un accordo mafioso, e questo lo sappiamo grazie ai preziosi documenti pubblicati da Wikileaks: durante un incontro riservato con l’ambasciatore USA William Taylor, nel 2008, ammise che era Mogilevich il vero potere della società di intermediazione. L’Ucraina, ha affermato, è «governata dalle leggi della strada». All’ambasciatore americano Firthas descrisse che era impossibile avvicinarsi a qualsiasi funzionario governativo ucraino senza incontrare contemporaneamente anche un membro della criminalità organizzata. Tutte queste confessioni, Firtash le face nell’ottica di mostrare all’amministrazione americana, che sapeva da tempo impegnata a indagare su di lui, che agiva solo su «costrizione», che era la prassi balcanica agire sempre in concordanza con la mafia e che senza il boss Mogilevich niente si poteva muovere nel gas, pur specificando più volte che con lui non aveva mai avuto rapporti diretti. Ovviamente, uscito il cablogramma, Firtash spaventato di essere stato involontariamente la prova che il mondo cercava sulle informazioni su RosUkrEnergo ha negato al mondo intero di aver detto nulla del genere.

L’«imprevisto» Maidan

Cosa ha interrotto questo schema del gas mafioso che ingabbiava l’Ucraina? L’imprevisto che persino Solncevskaja bratva non poteva prevedere è stata la rivoluzione di piazza Maidan del 2014, quando l’Ucraina in rivolta denunciò i brogli elettorali di Janukovyč, costringendolo a scappare a Mosca. L’inaspettata insurrezione del popolo ucraino legato al desiderio europeista fece saltare il banco dell’accordo mafioso: «Va detto — afferma il politologo britannico Taras Kuzio, tra i maggiori esperti mondiali delle dinamiche che stiamo descrivendo — che l’Ucraina, prima della rivolta di Maidan del 2014, era diventata uno stato mafioso neo-sovietico». L’Europa, sotto il ricatto del gas russo, lasciò sola l’Ucraina in questa nuova stagione di indipendenza ma soprattutto di liberazione dal potere mafioso. Anzi, le banche europee e svizzere accolsero i soldi dell’Organizacija (termine con cui viene definito l’insieme delle diverse organizzazioni russe). L’Austria accoglie Firtash. Il sostegno europeo all’Ucraina è stato più di forma che reale, in questa dinamica lo spazio che la Nato e gli USA vedono per poter portare avanti la propria politica internazionale.

Contrabbando sul Mar Nero

I vory (padrini) stanno approfittando della tensione al confine tra Ucraina e Russia per aumentare il proprio potere. La Crimea è il centro del contrabbando tra Europa e Russia: traffico di droga e merce chiamata per anni «la Sicilia ucraina» (riferendosi al potere di Cosa Nostra). Mark Galeotti, uno dei maggiori studiosi della mafia russa, ha scritto: «La Crimea è la prima conquista della storia condotta da gangster che lavorano per uno Stato». I famosi soldati senza insegne che fanno scorribande non sono altro che membri della Solncevskaja bratva di Mogilevich e Michas. Viktor Shemchuk, ex procuratore capo della regione, ricorda: «Ogni livello del governo di Crimea è mafiosizzato. Non era insolito che una sessione parlamentare iniziasse con un minuto di silenzio in onore di uno dei ‘fratelli’ (affiliati) assassinati». Il Mar Nero e Odessa sono i grandi spazi in cui si articolano diversi traffici: circolano la benzina venduta di contrabbando, tonnellate di carbone scavato illegalmente caricato su navi pronte a dirigersi in mezzo mondo, eroina, oro. Tutto ciò che può evadere il peso del fisco in cambio di una tassa ai vory mafiosi. Tutto ciò che deve entrare illegalmente in Europa passa da questi luoghi. Buco nero di merci, eroina, materie prime. La giornalista russa Yuliya Polukhina fa una sintesi chiara: «I beneficiari di questa guerra sono i politici, gli oligarchi e i gangster. Carbone, oro, benzina e tabacco. Questo è ciò per cui si battono nell’Ucraina orientale». La conquista del Donbass e della Crimea è servita soprattutto a proteggere gli affari. Gli affiliati hanno innescato un’insurrezione per poter creare repubbliche autonome a Donetsk e Lugansk, ma non sono altro che repubbliche di mafiosi, governate per procura da Mosca. I leader della rivolta, come riporta Galeotti, hanno tutti nickname che avevano quando erano dentro la bratva: Motorola, Batman, Shooter.

Putin e «i drogati»

Il 17 aprile 2015, Radio Svoboda intervista un volontario russo che aveva creduto alla propaganda di Putin, all’illusione di andare a combattere contro i fascisti ucraini: «Quando arrivi lì, ti rendi subito conto che non si tratta di unità militari, ma di vere e proprie bande» L’ex generale della polizia ucraino Vladimir Ovchinsky commenta: «Ora si sta verificando una sorta di nazionalizzazione della mafia». Eppure Putin nell’accusa alle autorità ucraine le definisce «banda di drogati e neonazisti». Quel passaggio sui «drogati» è chiaramente riferito al ruolo che l’Ucraina svolge come transito del narcotraffico ma ignora che è la mafia russa ad organizzarlo. Ma potrebbe esserci di più, forse i cartelli ucraini si stanno sfilando dalla storica alleanza con le bratva di Mosca? La mafia ucraina è in scissione come il Paese? Ha deciso di non sottostare ai gruppi crimeani? Di sottrarsi al dominio delle famiglie di Donetsk? Questo è il vero tema da comprendere nelle prossime ore. Mark Galeotti nel libro The Vory: Russia’s Super Mafia scrive: «L’Ucraina è … un Paese in cui tutte le principali organizzazioni criminali russe hanno interessi, operazioni, partner e persone, e dove anche la cultura del vory è ancora presente. Solntsevo ha un rapporto di lunga data con il “clan Donetsk” criminale-politico, che era la base di potere dell’ex presidente Viktor Janukovyč».

Il patto tra Stato e criminali

Le strutture criminali ucraine sono simili a quelle russe, sebbene su scala ridotta e in un territorio in cui la maggioranza delle organizzazioni opera a livello locale: allo stesso modo, però, sono in simbiosi con una classe politica profondamente corrotta e mirano al controllo oligarchico dell’economia. «Il flusso di droga attraverso Donbass, verso l’Ucraina, e poi verso l’Europa, non si è ridotto di un solo punto percentuale, anche mentre i proiettili volano avanti e indietro attraverso la linea del fronte», dichiara un ufficiale dell’SBU a Mark Galeotti, parlando degli scontri del 2014 nella regione. Il crimine organizzato russo si compone di diversi livelli. Putin, già dalla fine del 1999, ha smesso di portare avanti la politica della lotta al crimine, che pure l’aveva animato nei primi anni al potere. Un livello di strada viene genericamente perseguito, ci sono processi, arresti, se c’è stupro, se ci sono omicidi che allarmano la popolazione e perseguito lo spaccio in strada se compromette la pace sociale, ma in carcere sostanzialmente le organizzazioni governano tutto, continuano ad affiliare e proteggono i loro detenuti uccidendone i rivali. Chi si muove al livello più alto di organizzazione invece diventa interlocutore privilegiato con un unico vincolo: non deve mai creare problemi allo Stato e al suo capo. Se creano problemi al governo o si alleano con oppositori volendo sostituirlo verrebbero considerati come nemici dello Stato e sarebbero semplicemente annientati con l’aiuto di tribunali, polizia, sentenze. In realtà, la mafia russa non coincide completamente con lo Stato, la mafia russa è una delle infinite articolazioni del potere istituzionale russo, con cui è in dialettica. Solncevskaja bratva di Mosca, la Bratski Krug (circolo dei fratelli) di San Pietroburgo e la Tambov Gang, i grandi nemici della Solncevskaja, sono le anime che dominano affari e vita della Russia insieme ai loro satelliti in Georgia, Kazakistan, Cecenia, Ungheria, Serbia, Bulgaria, Cekia.

Tagliare teste e punire

Putin usa ed è usato dalle organizzazioni criminali, i vory sono fondamentali per la sua internazionale criminale con cui sabota i nemici o influenza gli amici. Non solo nelle operazioni in Donbass, ma anche in Montenegro, quando avvenne tramite cartelli criminali locali alleati delle bratva un tentativo di colpo di Stato nel 2016, per evitare che l’area aderisse alla Nato. Ciclicamente lo stesso Putin teme lo strapotere dei membri dell’Organizacija, contro cui agisce solo quando gli creano problemi, quando non riesce a schermarli dalle magistrature occidentali che trovano prove dei loro affari mettendo a rischio la reputazione del governo o peggio quando agiscono sostenendo i suoi rivali politici. Per tenere sotto controllo, Putin deve ciclicamente tagliare teste e punire. Nel 2016, per esempio, la polizia russa ha fatto irruzione nell’appartamento di uno dei suoi alti ufficiali, il colonnello Dmitry Zakharchenko, che era a capo di un dipartimento all’interno della sua divisione anticorruzione. Lì hanno trovato 123 milioni di dollari: così tanti che gli investigatori hanno dovuto sospendere le ricerche mentre cercavano un contenitore abbastanza grande da trasportare tutto quel denaro. In realtà non erano soldi suoi, era solo il custode del fondo comune, l’obshchak, di una banda di «Lupi mannari»: così sono chiamati gli uomini della mafia dentro la polizia.

Mafia e politica

Putin deve ricordare ai vory che è lui che dà l’autorizzazione alla loro vita; ovviamente sa benissimo che sarà finita quando il suo potere dipenderà dai vory. Per ora questo equilibrio è mantenuto perché le bratva russe e i vory continuano a fare affari sulle risorse naturali e sulle concessioni date dallo Stato: questa è la «dipendenza» della mafia russa dal potere politico in cui si mischia e confonde. Gestiscono cose il cui profitto devono smezzare con le istituzioni e tra l’altro delegare alle organizzazioni spesso significa permettere un’efficienza verticale che nessun’altro potrebbe garantirti. Come descrive bene Taras Kuzio nel libro Ukraine: Democratization, Corruption, and the New Russian Imperialism il ruolo dei vory è sempre solo quello di risolvere problemi, chiedi e ti sarà dato. La realtà della Solntsevo negli anni ha stretto alleanze e levigato attriti con le già fiorenti mafie locali ucraine: «L’Ucraina — scrive Galeotti — è un buon esempio, un Paese in cui tutte le principali associazioni russe hanno interessi, operazioni, partner e persone, e dove anche la cultura vory è ancora presente. Solntsevo ha un rapporto di lunga data con il “clan Donetsk” criminale-politico, che era la base di potere dell’ex presidente Viktor Janukovyč, per esempio». Il rapporto tra mafia e politica è talmente stretto che persino eventi traumatici, come l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 e i successivi scontri nel Donbass, avvengono con il sostegno attivo dei vory locali. Se potessi chiedere a Semyon Mogilevich come finirà questa guerra, avrei certamente l’opinione più aggiornata, più utile, più profonda che potremmo ottenere, che nessun analista, nemmeno le informazioni che i Servizi americani hanno fatto trapelare ai giornali, riuscirebbero a dare. Osservare le dinamiche criminali, in questo caso, significa guardare al cuore pulsante delle questioni. Guarda la mafia, vedi il crimine; guarda attraverso la mafia, vedi il destino dell’economia del tuo tempo. (CORSERA)

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