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Gela, una città saccheggiata che non si oppone al saccheggiatore. La politica permetterebbe lo spostamento di mura Timolontee, Castelluccio e Torre di Manfria.

di Francesco Agati
Con il termine saccheggio si intende quell’azione di furto collettiva in eventi straordinari come guerre, terremoti, disastri naturali, manifestazioni. Gela nei secoli è stata saccheggiata, è viene saccheggiata tutti i giorni.
Il saccheggio ha un comune denominatore il saccheggiato non vuole o non riesce ad opporsi all’oppressore che si approfitta della fragilità fisica, psicologica o politica.
Il ricorso al saccheggio è sempre stato molto diffuso, nel corso di tutta la storia dell’umanità; ad esempio le incursioni dei Vichinghi puntavano decisamente sulla sorpresa e sulla rapidità dell’azione. Inizialmente, le loro operazioni devastatrici e razziatrici erano mirate esclusivamente agli insediamenti sulla costa (strandhögg); ma ben presto grazie alle loro agili imbarcazioni risalirono i grandi corsi d’acqua per colpire le città dell’interno.
Anche i Saraceni, provenivano dal mare: dall’Africa settentrionale, dalla Spagna, dalla Sicilia e da Creta essi colpirono per circa due secoli le terre cristiane che si affacciavano sul Mediterraneo. I Saraceni sbarcavano in prossimità dell’obiettivo che saccheggiavano per diversi giorni. Dopo di che, o si reimbarcavano con il bottino, oppure instauravano una base fissa e ben protetta in terraferma, dalla quale partivano per scorrerie anche verso i centri dell’entroterra.
Gli Ungari, fra la fine del IX secolo fino alla metà del secolo seguente, devastarono molte zone dell’Europa orientale. La loro collaudata tattica consisteva nell’affrontare il nemico frontalmente, dopo di che fingevano la fuga attirando i nemici in agguati. Gli Ungari disponevano di una rapida e agile cavalleria leggera dotata di arco.
Nelle azioni devastatrici condotte dagli Ungari e dai Vichinghi diversi erano i mezzi adottati per suscitare il terrore nelle vittime e ridurne la capacità di resistenza: la velocità e la sorpresa delle loro azioni, l’aspetto terrificante dei guerrieri, le loro urla di guerra, l’uso intimidatorio del fuoco, i loro gesti di deliberata crudeltà e brutalità.
Dalla maggior parte delle testimonianze emerge, del saccheggiatore, la figura di un uomo feroce, spietato e assetato di ricchezze e di distruzione. In realtà le cose non sono così semplici. Il saccheggio è profondamente diverso (pur presentandosi con forme di violenza e di devastazione molto simili) dalla rapina e dalla depredazione condotta in tempo di pace.
Quale termine più appropriato del saccheggio per descrivere la situazione di Gela, una città che per colpa dei suoi rappresentanti “politici” viene giornalmente, saccheggiata, umiliata e derisa.
Royalties Eni, venti milioni di euro dirottati a Palermo.
 
Reperti archeologici con il pretesto del restauro del museo, spostati a Caltanissetta (forse definitivamente), arricchiscono i musei di Siracusa, Agrigento, Stati Uniti, Berlino, Londra. 
 
Gela ormai non ha più un ospedale i pazienti vengono giornalmente spostati a Caltanissetta o Catania.
 
Porto fondi dirottati per altre infrastrutture.
 
Ferrovia inesistente.
 
Autostrada inesistente. 
 
Porto inesistente. 
 
Incarichi professionali dati a tecnici non gelesi.
 
Aree archeologiche chiuse.
 
Ville e villette chiuse o abbandonate.
 
Coperura tribuna del campo presti decostruita.
 
Illuminazione mancante o scarsa.
 
Se si potrebbe I gelesi permetterebbero anche di fare portare via le mura timolontee, il castelluccio e la torre di manfria. 
Per colpa della politica che non fa gli interessi della città, uno dei maggiori centri della Sicilia con 2700 anni di storia e reperti archeologici unici al mondo; con una spiaggia dorata e soffice; con la seconda piana della Sicilia; a centro del commercio internazionale navale mondiale, oggi è abbandonata a se stessa.
Il problema non è il saccheggiatore che sfrutta lo stato di inferiorità del saccheggiato ma della politica inesistente a Gela che svende il territorio per qualche personale ritorno economico.
Per fare capire alle istituzioni il malessere che vive il gelese abbandonato dalle istituzioni, il miglior modo è sicuramente l’astensione al voto comunale.
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