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Covid, la svolta di Schillaci: bollettino settimanale, medici no vax reintegrati e niente multe agli over 50

La «liberalizzazione», parola chiave della strategia di Orazio Schillaci sul Covid, porterà presto a un liberi tutti. Il professore che ha preso il posto di Roberto Speranza al governo sembra aver fretta di segnare la nuova fase e invertire la rotta rispetto alla linea del governo Draghi. Salvo ripensamenti, le poche norme di contenimento del virus rimaste in piedi cadranno per mezzo di circolari o decreti. La svolta ha iniziato a delinearsi ancor prima del voto di fiducia, con il discorso alla Camera dalla presidente del Consiglio. Giorgia Meloni ha annunciato che non replicherà «in nessun caso» il modello dei predecessori. Se anche i dati del Covid dovessero tornare a peggiorare, il nuovo governo non limiterà le libertà delle persone o delle attività economiche. Per la premier una informazione «corretta», la prevenzione e responsabilizzazione «sono più efficaci della coercizione».

La controriforma del ministro Schillaci per «avviare un progressivo ritorno alla normalità nelle attività e nei comportamenti» comincia a delinearsi. Il ministro si è fatto l’idea che «la malattia è oggi completamente diversa da quella che c’era una volta» e, analizzati i dati dei contagiati e dei morti e tenuto conto delle indicazioni degli scienziati, sta pianificando le tappe della «liberalizzazione». La prima mossa è la decisione di sospendere il bollettino giornaliero che per due anni e mezzo ha informato i cittadini sullo stato dell’epidemia. Lo strumento attraverso il quale il governo comunica ricoveri e decessi non verrà cancellato, ma «sarà reso noto con cadenza settimanale» ogni venerdì.

I medici che sono stati sospesi dal lavoro perché si sono rifiutati di sottoporsi al vaccino saranno reintegrati in servizio prima della scadenza della sospensione, che Draghi e Speranza avevano fissato al 31 dicembre. Servirà un provvedimento ad hoc, probabilmente un decreto legge che dovrà passare dal Consiglio dei ministri. Quindi i tempi di approvazione non saranno brevissimi. Il rettore uscente di Tor Vergata spiega la scelta con la «preoccupante carenza di personale medico e sanitario segnalata dai responsabili delle strutture sanitarie e territoriali». Ma la virata è anche un segnale politico, prova ne sia la discussione che si è innescata.

Le opposizioni interpretano le decisioni sul Covid del nuovo governo come una grande sanatoria per ringraziare gli elettori no vax e no green pass. L’ex ministro Speranza, che pure non vuole polemizzare con il successore, è in sintonia con il presidente Mattarella e teme che le novità introdotte dal governo Meloni possano indebolire «lo scudo che ha consentito di uscire dalla fase più difficile della pandemia, una campagna vaccinale che è patrimonio del Paese». La premier Meloni ha detto con chiarezza di non pensarla così, tanto da aver pronunciato in Parlamento la parola vaccini solo per dire che le iniezioni ai dodicenni non avevano alcun fondamento scientifico.

Tra le novità del nuovo corso c’è anche la «pacificazione» sulle multe, chiesta a gran voce dalla Lega. Il governo sta studiando una norma per congelare l’invio delle cartelle da 100 euro per gli over 50 che, prima del 15 giugno 2022, non hanno completato il ciclo vaccinale obbligatorio. Resta da decidere cosa fare sulle mascherine e non è un tema banale. L’obbligo di indossare il presidio che è stato il simbolo della pandemia è rimasto solo per le strutture sanitarie e le residenze per anziani(Rsa). La norma scade il 31 ottobre e il ministro Schillaci è orientato a non rinnovarla, lasciandola decadere: un’altra decisione destinata a far discutere. «Togliere obbligo #mascherina in ospedale contrasta l’obiettivo primario di proteggere le persone fragili», twitta il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta.

L’ultima questione è la quarantena per i positivi. Attualmente, se il contagiato è asintomatico da almeno due giorni, l’isolamento può terminare dopo 5 giorni con un test negativo. La minoranza no vax e no green pass chiede che questa norma sia rivista. Ma appare difficile che un rigorista come il direttore generale della Salute, Gianni Rezza, firmi il via libera al ritorno in società dei positivi.

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