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Covid, la gita in Serbia per vaccinarsi «Belgrado invita gli stranieri e si può anche scegliere il vaccino»

Il turismo del vaccino. Andata e ritorno con l’immunità. Un bel colpo, visti i ritmi da queste parti. È un altro fronte della campagna vaccinale. Una nicchia, legale come altre, certo non comoda, ma comunque efficace. Il conte Simone Avogadro di Vigliano, 57 anni l’altro ieri, imprenditore, è andato a vaccinarsi in Serbia. Si può fare, dato che a Belgrado e dintorni, a differenza di quanto avviene in Italia, dove i vaccini vanno centellinati col contagocce viste le consegne, invitano gli stranieri a vaccinarsi. Sul sito dell’ambasciata italiana viene tutto spiegato nei dettagli, per chi fosse interessato alla trasferta: dall’11 gennaio anche i cittadini dall’estero, con o senza permesso di soggiorno, possono compilare l’applicatione sul portale. Unica complicazione è che è tutto in lingua serba. L’ulteriore vantaggio è che si può scegliere anche il vaccino in un’ampia gamma, che oltre a Pfizer, Astrazeneca e Moderna offre pure il vaccino cinese e lo Sputnik russo.

La storia di Avogadro di Vigliano ha origini più antiche e significati più commerciali. «Lavoro e vivo in giro per il mondo con l’azienda di famiglia e ho anche un ufficio in Serbia. Abito tra Milano e Singapore, dove tra l’altro mi avevano proposto la vaccinazione. Ma causa Covid non riesco a rientrare in Asia da Natale», racconta. Avendo 57 anni, in Italia, nell’ipotesi più fortunata, sarebbe finito nelle agende di giugno. Però a febbraio i suoi partner balcanici gli raccontano della possibilità di fare il vaccino all’estero. La Serbia, dopo Israele, è uno dei Paesi partiti più forte nella campagna vaccinale. Solo che Israele ha schiacciato sull’acceleratore delle somministrazioni per mettere in sicurezza la sua popolazione.La Serbia ne sta facendo un’operazione (anche) di immagine. Una sorta di attrazione: vieni, volendo visiti il Paese e nel frattempo ti facciamo pure il vaccino Covid.

Motivo per cui chiunque dall’Italia, al netto dei costi di viaggio, potrebbe mettersi in macchina con una prenotazione nel taschino. «Per me invece si è mossa la Camera di commercio locale — continua Avogadro di Vigliano —. Dopo aver vaccinato rapidamente anziani e fragili, hanno incoraggiato le somministrazioni agli imprenditori e in generale alle categorie produttive per favorire la ripresa dell’economia». Dal portale si può scegliere il vaccino: vale anche la risposta multipla. In patria abbonda quello cinese, che è stato somministrato al 70 per cento della popolazione. «Io ho scelto Pfizer e in 48 ore ho avuto l’appuntamento in un ospedale di Belgrado. Per la prima dose, a inizio marzo, sono rimasto qualche giorno per motivi di lavoro. Ho unito l’utile al dilettevole. Per la seconda, sono andato e tornato dopo qualche ora». In valigia il certificato di vaccinazione. Scritto in tre lingue e con un Qr code che, aperto dal telefonino, vale come primo prototipo di passaporto vaccinale. «L’ho spedito alla mia Ats di Milano per farlo registrare e non essere chiamato in futuro. Ora posso tornare a viaggiare. Anche in Cina, risparmiandomi quel genere di quarantene che impongono loro». (Corsera)

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