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Coronavirus, così la Lombardia «controlla» i movimenti via cellulare

Il sistema è «quantitativo», quindi non tiene conto del motivo e dell’effettiva necessità degli spostamenti. Ma fornisce un’indicazione visiva di quanto i divieti non siano ancora rispettati come sarebbe necessario. In Lombardia, infatti, gli spostamenti si sono ridotti solo del 60%: «Troppo poco» per il governatore Attilio Fontana: «Non si deve ancora ritornare alla vita normale. Dobbiamo essere più rigorosi. Vedo e mi lascia un po’ perplesso che per 2-3 giorni si rispettano rigorosamente le norme, poi diventa tutto un po’ più lasco».

Per questo la Lombardia da qualche giorno utilizza un sistema di analisi degli spostamenti «da cella a cella» dei cellulari per capire quanti abitanti si muovono sul suo territorio. E lo fa grazie alle compagnie telefoniche che hanno messo a disposizione i dati del traffico dei ripetitori e l’indice dei «segnali» che si muovono da una cella all’altra della telefonia mobile. Non si tratta di una sorveglianza da 007 che consente di tracciare il singolo cellulare, anche perché le norme sulla privacy non lo consentirebbero, ma di una tecnologia che permette di ricavare quanti spostamenti in meno si verificano rispetto a un determinato periodo. La portata dello spazio tra una cella e l’altra è di 300-500 metri. Quindi chi esce in giardino non risulta, così come chi compra il pane sotto casa (spostamento consentito dal decreto del governo).

Nel calcolo finiscono anche quanti (e sono tanti) hanno le cosiddette deroghe per andare a lavorare, per necessità familiari o di salute. Una «popolazione» che per una regione come la Lombardia può valere uno o due milioni di abitanti. La Regione ha tarato il sistema sullo scorso 20 febbraio, giorno in cui in serata è stato scoperto il primo caso Covid-19 positivo all’ospedale di Codogno. «In base alle prime stime, il calo dei movimenti dal 20 febbraio ad oggi è stato di meno del 60% — spiega il vice presidente lombardo Fabrizio Sala —. Nel senso che il 43% dei cittadini si sposta abitualmente dal proprio luogo di dimora. Ci sono ancora troppe persone in giro. Il consiglio è, e resta, di rimanere a casa».

Osservando il grafico si nota che tra il 20 febbraio e il 1° marzo c’è stato un crollo quasi verticale degli spostamenti dal 100 al 50%: erano i primi giorni dell’emergenza e quelli dell’istituzione della zona rossa a Codogno. Poi però il tutto è tornato stabilmente intorno all’80 per cento — quindi solo il 20% in meno di spostamenti rispetto a febbraio — per abbassarsi gradualmente dal 9 marzo, giorno delle misure ancora più restrittive introdotte dal governo. Il massimo del calo si è avuto nel fine settimana con un dato intorno al 30%. Ma poi la situazione è tornata a salire attestandosi sul 43%: «Troppo alto».

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