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Boom di divorzi. Mamme che abbandonano i figli

Ecco i numeri e intervista al magistrato competente

Gela – C’era una volta la famiglia, quella per sempre, dove si nasceva e si moriva sempre e solo sotto uno stesso tetto. Oggi ci sono le famiglie. Famiglie che nascono, si sciolgono e muoiono per poi rinascere in altre famiglie. Famiglie allargate dove i figli hanno genitori diversi, che si intersecano; nuovi matrimoni e nuovi divorzi. Famiglie arcobaleno e famiglie unite civilmente. La fede nuziale che non ha un inizio e una fine, è solo un anello che si sfila quando il rapporto finisce.

Dal dicembre 1970, quando fu introdotto in Italia il divorzio, sono tante le coppie che hanno deciso di lasciarsi dopo il matrimonio. Secondo i dati Istat riferiti all’anno 2017, infatti, oggi ci sono più di 1,5 milioni di persone che hanno sciolto il vincolo nuziale e non si sono risposate, mentre i coniugati sono invece poco meno di 29 milioni. Il tasso di divorzio quindi si attesta, in media, sul 5,1%, e tuttavia presente forti differenze regionali.

Sul territorio italiano sono presenti delle differenze a livello regionale: il livello massimo viene osservato nelle regioni del Nord-Ovest (371,9 separazioni su 1.000 matrimoni), mentre il minimo nel Sud Italia (245,8 separazioni su1000 matrimoni)

Nel 2015 l’incidenza dei divorzi è aumentata in maniera sensibile, con 13,6 casi ogni 10 mila abitanti (era 8,6 un anno prima): a dirlo è l’Istat con il rapporto ‘Noi Italia’, secondo il quale a concorrere al fenomeno avrebbe contribuito anche la legge sul cosiddetto divorzio breve, con una preponderanza di casi nel Centro-Nord rispetto al Sud (15,7 contro 9,5 ogni 10mila abitanti).

Per le separazioni invece sarebbe in corso negli ultimi 10 anni il dato è pressoché sovrapponibile tra le aree della Nazione: 15,4 ogni 10mila abitanti nel Centro-Nord e 14,5 nel Mezzogiorno.

Anche il nostro territorio non è immune da questa nuova tendenza. Le storie sono variegate. In genere sono gli uomini che si allontanano dal tetto coniugale, come vuole la norma, per permettere alla madre di allevare i figli minori, ma di recente sono stati registrati casi, pochi per fortuna, in cui la madre abbandona la famiglia, marito e figli in un pacchetto unico, per andare a vivere lontano con un nuovo compagno. On alcuni casi anche separazioni in cui uno dei due coniugi lascia la famiglia per vivere con una persona dello stesso sesso.

Andiamo ai numeri. Nel 2018 i matrimoni civili celebrati e registrati al Comune dei Gela sono stati 90; i matrimoni concordatari celebrati da gelesi 248 di cui 60 sono stati celebrati fuori dal Comune ma registrati all’ufficio Stato civile del Comune; una unione civile fra donne. Nel 2019 i matrimoni civili celebrati e previsti entro dicembre sono 79; i riti concordatari sono stati 196 e 73 matrimoni sono stati celebrati fuori dal Comune e nessuna unione civile. Nell’anno giudiziario che va dall’ottobre 2018 al 30 giugno 2019 129 coppie hanno presentato istanza di separazione e sono stati definiti 344 divorzi. Dal 2016 ad oggi  se ne contano 954 che arrivano a 1497 se si considerano le istanze pendenti che si sono concluse dopo un procedimento giudiziale. Questo corposo volume di atti sono seguiti dal magistrato Veronica Vaccaro che dall’ottobre 2003 presta servizio al Tribunale di Gela. Il magistrato di formazione cattolica ha esortato gli avvocati a utilizzare tutti gli strumenti previsti dalla legge per mediare le parti ed evitare l’estrema ratio della decisione di sciogliere la coppia, ma non sempre si riesce soprattutto quando non ci sono le condizioni di sentimento minime affinchè una coppia possa continuare a vivere assieme. Qualche volta si riesce nell’intento, ma si tratta della classica eccezione che conferma la regola, i numeri parlano chiaro.

“Le motivazioni sono spesso legate alle precarie condizioni economiche – spiega il magistrato Vaccaro – quando nella coppia sopraggiungono licenziamenti dal lavoro, problemi economici, si litiga con più facilità, nonostante , dopo la separazione si vada incontro a spese che si duplicano. Se uno dei due coniugi va a vivere da solo aumentano le spese: due case, doppie utenze e resta da affrontare ugualmente il mantenimento dei figli che sono i primi a pagare le spese della separazione in termini psicologici, di profitto scolastico, di sofferenza interiore. Nel caso di tradimento non s facili da dimostrare in sede di giudizio perché occorre la prova che sia stato la causa della crisi coniugale. E poi ci sono i casi delle madri che abbandonano i figli. La sofferenza colpisce tutti i componenti della famiglia: vite umane che subiscono contraccolpi enormi dalla variazione dell’equilibrio familiare. Soprattutto la disgregazione dei valori  ingigantisce i problemi del quotidiano vivere ed allontana la coppia in maniera pressoché definitiva. Agevola lo scioglimento del vincolo la legge n. 55 del maggio 2015 che introduce il divorzio breve che può chiedersi in giudizio dopo le mesi dalla separazione consensuale o dopo un anno da quella giudiziale”. Un tempo  brevissimo, tropo breve per cancellare una famiglia. Questa è la nuova libertà.

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