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PARVENU – Marco Bunetto: Il disegno come essere.

Gelese, ma non conosciuto da tutti, e non ama i riflettori. Timido e introverso, disegna come un un creatore demiurgo, inventa la realtà con la caducità delle cose come si presentano ai suoi occhi perché vuole occuparsi di quel mondo, darne voce. Un realismo che non si distacca dal vero,

Matita su carta

dagli odori acri delle periferie, dalle pareti del vissuto, dalle gioie e dalle sofferenze. Il suo disegno a matita, è ciò che mi ha più incuriosito, quel segno della grafite vibra astratto come volo d’uccello in uno spazio spesso indefinito; per non sminuire la sua pittura, velata e variopinta di diffrazioni ottiche (usa molto il mezzo fotografico), talvolta oggettive di carnalità, ma silenziose e cristallizzate come una fragilità del presente. Marco Bunetto, ha già espostoin autorevoli mostre, come in “Artisti di Sicilia” del 2016, di cui curatore Vittorio Sgarbi, ne volle la presenza, perché il linguaggio del giovane gelese, ne contenesse il cupo e tonale sguardo chiaroscurale, quello del reale, del drammatico, degli interni anonimi parlare della propria vita, tra conflitti e silenziose attese, come i ritratti della sorella Desidèe, un legame, un affetto profondo di una

Matita su carta

normale fratellanza, ricordandomi il periodo divisionista di Mario Sironi, disegni notturni , melanconici, pastelli neri e matite di punta, probabile influenza dal Balla, restituire i livori di una città senza vita, mentre la luce è la serale dolcezza negli occhi ritratti della sorella; disegni di un secolo fa, quel tempo ciclico della storia dell’arte, in cui Marco ne sembra puntuale: è un “il tempo ripetuto” direbbe qualcuno, fenomeno che ha sempre incuriosito studiosi.

La sua ricerca incentrata sulle scale del proprio stabile dove vive a Gela, non è l’unica, lui è un instancabile stacanovista, se non apro il telefono e lo chiamo, con la distanza degli stabili a cinquecento metri, l’uno dall’altro, Marco continuerebbe a “nascondere” le proprie cose.

Matita su carta

Ma è giusto così del resto. L’arte è cosa intima. Una persona schiva per discrezione, colui che non disturberebbe una mosca. Il critico emiliano, nella sua ironia, al Castello Ursino di Catania, in occasione della collettiva istituzionale, lo presentava al pubblico come un misterioso quesito sociologicoVoi cari signori, cosa fareste alle 20 di sera a Gela”? [da considerare ben più efferate considerazioni sulla nostra odiata e amata città: “Gela, è buco del culo dell’Italia…] . Tutt’altro che un dispregiativo, se si va oltre al campanilismo paesano nascondere polvere sotto il tappeto…Ebbene, se l’arte ne fosse testimonianza, saremmo più avveduti e moralmente più credibili. Ma, ritornando alle affermazioni di Vittorio, sembrerebbe una conclusione di sommatorie sintesi, se non fosse, per chi ne sa tradurre sottilmente un miasma, un dolore è molto più semplicemente una poesia, quella dell’esistenza che una saggia pittura sa fare, un’arte espressa per immagini,senza spiegar nulla, perché nulla andrebbe spiegato, ma tutto implicito in ciò che vorremmo esteticamente trovare per rappresentare, il linguaggio sensibile che si rivolge ai più sensibili e infondo, se leggiamo Quasimodo come pure in Vittorini, descrivere gli artisti meridionali, se non i colti, come dei figurativi, generosi sui valori plastici, se ne sentiva il dilemma, quello degli antichi, tra artisti e poeti, ove ne fossero in un limbo della visione, per il mezzo di esprimerla …e qui, vorrei partire dal secondo punto, quel mezzo che fa dei visionari i veri maestri, quelli aggraziati del talento ma che non è tecnica, bensì, ragione animica per servirsi della tecnica e arrivare nel cuore dell’universo. Pensereste forse, che la pietà di Michelangelo oggi sarebbe superata dal più bravo conoscitore di tecniche marmoree o

Matita su carta

vogliamo parlare dell’anima delle cose come quel sentimento che ci porta a comprenderne i valori? E Marco Bunetto , sa benissimo cosa vuol dire disegno e vita, perché le ha magistralmente fuse in un unico anelito, ed io, che ne so qualcosa, perché in lui intravedo un grande disegnatore, che dipinge con la matita, non per ragioni tecniche né concettuali, nel suo disegno vi è l

Matita su carta

a vita che vive… è pulsione prima di ogni preclusione, e nella asciutta matita, ne trova la forma e il contenuto, che non pretendono ingannare ma evidenziare l’invisibile, quello per cui non ci accorgiamo più, forse per egoismo.
Marco ci da una lezione, quella silenziosa dell’arte.
Questa è la sua negazione della rappresentazione, del non convenzionale perché il vero sta nascosto tra gli umili, riluttando ogni ipocrisia e ogni fragile costruzione.

 

 

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