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Appuntamenti liturgici del mese mariano

Comincia il mese mariano e con esso tutti gli appuntamenti liturgici legati anche alla tradizione degli appuntamenti alla chiesetta di contrada Bitalemi che quest’anno si presenta in tutta la, sua magnificenza dopo la ristrutturazione della chiesetta votiva. Ecco come si presenta oggi.

La collinetta di modica altezza ed estensione, ammantata di verde, incoronata da un bel cascinale e lambita nelle sue falde occidentali dal fiume Gela, poco prima che questo versasse le sue acque nel vicino mare: questa era la contrada.
La mano industre dell’uomo, in tempi recenti – a seguito del rinvenimento del petrolio nella zona – ne ha modificato sensibilmente le sembianze, ma ricordi antichi e recenti ne fanno rivivere, come in un meraviglioso arazzo, la passata bellezza intessuta di silenzi, colori, fragranze.
Ed anche la sacralità.
Questa è riflessa ancora nel suo nome “Bitalemi” (corruzione volgare di Bethlem), ma ha origini molto più lontane di quanto il toponimo farebbe pensare.
Era venerato come dio benefico il fiume, per l’abbondanza delle sue acque, con le quali fecondava i campi della “Piana”, i fiorenti “Campi geloi”, e feste si celebravano in suo onore.
Sacri erano considerati i luoghi della riva marina sulla quale prospetta la collinetta, perché, all’approdo degli “ecisti” (=fondatori) della città, ne ospitarono gli dei patri.. Erano, quegli dei, gli idoli con i quali essi, gli ecisti, dopo il responso favorevole dell’oracolo, avevano percosso le vie del mare in cerca di una nuova patria: gli idoli che poi avrebbero traslato entro le mura della nuova città.
E un santuario incoronava la collinetta, dedicato alle dee della fertilità dei campi. Demetra e Kore. Era un santuario campestre, fasciato di silenzio e circondato da piante e zolle erbose; ma era meta di devoti pellegrinaggi dei Geloi, perché l’attività precipua di questi, la fonte della loro vita, era l’agricoltura, l’attività alla quale presiedevano le due dee. Fra i pellegrini erano numerose le donne, in particolare le donne sposate, perché quelle dee erano anche promotrici e protettrici della maternità: erano dette, infatti, “nutrici dei bambini” (Curotrofe). E quelle pie donne cercarono di rendersele propizie con le loro offerte votive. Fra le quali sovente erano graziose figurine muliebri di terracotta, recanti amorevolmente alle spalle pargoletti…
La tradizione, assai suggestiva, ebbe vita secolare.
Intervenne ad interromperla bruscamente il sacco, della città e del territorio, di un duce cartaginese. Imilicone (405 a.C.). e sulla collinetta fu l’abbandono. Le zolle erbose si estesero sulle rovine del santuario dirupo, quasi a proteggerle dalle ingiurie del tempo ed a prepararne, nel silenzio arcano diffuso nella plaga, la rinascita.
E la rinascita avvenne, ma nel segno di altra e più alta fede.
Parecchi secoli dopo, in un tempo che la lontananza avvolge di spesse nubi ma che lo storico colloca nel romantico Medioevo, su quelle rovine la pietà dei fedeli innalzò una chiesetta, povera e romita, e la dedicò alla Beata Vergine, aggiungendo al santo nome di lei – Maria – l’attributo che ricordava la divina sua maternità. “di Bethlem”.
Si riprendeva cosi l’antica tradizione, ma trasfigurata, spiritualizzata, elevata ai valori eccelsi del cielo. Al culto di Demetra, dea della terra (“ctonia”) e che dava all’uomo il frutto della terra, succedeva il culto di Maria che dava, dal suo seno immacolato, il frutto della Grazia per la salvezza degli uomini.
Nel mese di maggio, il mese dei fiori consacrato a Maria, la chiesetta vedeva generazioni di uomini e di donne (queste con i bambinelli sulle spalle come le ricordate figurine di terracotta del lontano passato) accostarsi all’altare disadorno per invocare grazie, benedizioni sulle loro campagne e sui loro figli. Ed anche nella notte del 15 Agosto le vedeva venire, al pallido raggio della luna, nel suo sacro recinto , per levare preghiere e canti di glorificazione alla Madre Celeste. Era un’usanza che germinava dal cuore devoto dei Terranovesi, e tenace durava nel tempo:quando alla fine del ‘700 il caro tempietto andò – per vetustà – in rovina e l’area sua venne inglobata in una casa rurale vicina, quella usanza non fu dismessa: a sostituire il tempietto venne innalzato ai piedi dell’ameno colle un tabernacolo con l’immagine della Madonna

 

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