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Caltanissetta ultima provincia d’Italia

Caltanissetta – Bloccata. È la triste parola chiave di Caltanissetta, provincia una e trina nel cuore di una Sicilia che vorrebbe ripartire, ma non può o non vuole. C’è Gela, c’è Caltanissetta e l’area cosiddetta del Vallone: ognuna di queste aree ha una sua peculiarità. In tutti e tre i casi sembra di essere nel pieno di una farsa tragica che si può narrare con pochi e semplici numeri: tra il 2015 e il 2019, dice l’Istat, i 23 comuni della provincia hanno perso in totale 11mila abitanti.

 

Un intero paese sparito dalla circolazione in una provincia che si dibatte agli ultimi posti di tutte le classifiche disponibili. Ecco cosa resta di una città che Leonardo Sciascia definiva la Piccola Atene e di una provincia segnata per sempre dalla mafia che si è fatta politica e da una criminalità organizzata violenta come la Stidda.

Segnali di rinascita e fondi fermi
Nel vuoto lasciato da chi è partito e nel vuoto delle iniziative di rinascita, i segni di speranza arrivano dall’agricoltura di qualità e, inutile nasconderlo, dal polo industriale di Gela che punta a ripartire con l’inaugurazione della Raffineria green dell’Eni e con tutto ciò che ruota attorno all’energia: il via libera a investimenti da 800 milioni per lo sfruttamento dei giacimenti di gas Argo e Cassiopea da parte della società energetica sono stati accolti positivamente dal territorio.

Proprio nell’ambito di quella che è stata definita “vertenza Gela” ma che riguarda l’intera provincia, la Cgil di Caltanissetta ha fatto il conto dei fondi bloccati, un rosario di cifre da far arrossire qualsiasi amministratore pubblico: ci sono 34 milioni del Patto per il Sud, 150 per il porto di Gela che resta insabbiato, 5 per il Museo del mare sempre a Gela, 183 per la rete ferroviaria Siracusa-Ragusa-Gela ,25 per le aree industriali dismesse, 48 per l’autostrada Siracusa-Gela, un milione per le aree archeologiche e 3 per il Museo archeologico. In totale quasi 450 milioni.

Le infrastrutture, un’emergenza
«Non possiamo rinunciare alla realizzazione del porto, all’autostrada Gela-Siracusa che doveva essere inaugurata nel 1973, a una stazione ferroviaria attiva, al consolidamento di una industria (Eni) partecipata da quello Stato che si è distratto per troppo tempo, condannando il Sud all’abbandono – dice Ignazio Giudice, segretario della Camera del lavoro di Caltanissetta -. Non possiamo continuare ad assistere ai ponti che cadono, alle strade dei paesi del Vallone (con in testa Mussomeli) che sono solo letti di fango. E poi le frane. E ancora il rilancio delle nostre aree industriali, nel capoluogo e nella provincia. Lo Stato, in tutte le sue articolazioni, che cosa sta facendo per le nuove generazioni?»

Una situazione particolare è quella dei collegamenti con il resto della Sicilia: una provincia che a parole è centrale, ma nei fatti è isolata. Lo è in particolare il capoluogo, come spiega il sindaco Roberto Gambino: «Siamo vittime dei problemi della Statale 640, con i lavori in corso e poi bloccati a causa dei problemi che hanno coinvolto Cmc, il colosso che è in concordato. Sono 300 le piccole e medie aziende nissene che hanno avuto problemi per questa storia. Sembra che ora la vicenda si sia sbloccata. Entro Natale la tratta da Agrigento a Caltanissetta sarà aperta. Restano altri problemi e lì credo servano almeno altri 20 mesi di lavoro».

Turismo e agricoltura di qualità
È solo uno dei nodi che questo sindaco eletto sei mesi fa, esponente del Movimento Cinque Stelle, si è trovato a sciogliere: «Abbiamo intanto sistemato l’ordinaria amministrazione – racconta il sindaco – con interventi che hanno anche un significato simbolico come quelli contro l’abusivismo. Ora è arrivato il tempo di dedicarsi a tempo pieno agli interventi strutturali: uno di questi è il Piano regolatore generale» . Un fronte molto delicato che, come da programma, la giunta nissena punta ad affrontare limitando il più possibile il consumo di suolo.

Oggi la situazione appare particolarmente grave: per una città di poco più di 60mila abitanti il costruito è dimensionato per 200mila persone. Troppo. Per invertire la tendenza «non basta amministrare – dice Gambino -, bisogna governare». E in questa prospettiva va anche l’impegno, per esempio, sulle filiere del food, con la valorizzazione del torrone, prodotto tipico del nisseno, ma anche con la formazione: a Caltanissetta ha aperto un corso universitario triennale in Scienze e tecnologie agrarie. «Per noi è fondamentale puntare sui prodotti di qualità» dice il sindaco.

Un lavoro certosino che richiede tempo perché da queste parti c’è da ribaltare un approccio culturale: «Dopo l’epopea dello zolfo – dice il sindaco – non ci sono più state grandi iniziative tranne cose sporadiche: l’amaro Averna, per dire, il cui infuso base viene fatto ancora qui. Ma è mancato un vero piano di sviluppo economico. La zona industriale, estesa circa 100 ettari, è stata realizzata nella parte peggiore del territorio».

C’è una visione d’insieme, in questo caso, che riguarda anche i servizi: «A proposito della sanità, è necessario interrogarsi perché i primari da qui scappano – dice ancora il sindaco – ma è un ragionamento che deve essere fatto dalla Regione».

Una prospettiva, per Caltanissetta e per la provincia, può essere rappresentata dal turismo: a Mussomeli, per dire, c’è stata un’esplosione di case a un euro, acquistate da stranieri che hanno scelto il cuore della Sicilia. Ma tutto questo deve fare i conti con le infrastrutture: «L’altro giorno – racconta ancora il sindaco – il rappresentante di Rfi mi ha assicurato che ristruttureranno la stazione di Xirbi, nodo fondamentale della Palermo-Catania, che sarà collegata in 40 minuti con l’aeroporto di Catania. Bello, ma nel 2025»

Fonte : ilsole24ore. It

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