CronacaPalermo

Palermo, le mani di Cosa nostra sui negozi del centro. Arrestato Ciulla, il patron di Hessian: “E’ a disposizione dei boss”

Al boss Giuseppe Calvaruso, diceva: “Amico mio”. E gli ripeteva: “Sono a tua disposizione”.  L’imprenditore Cesare Ciulla, 61 anni, il rampante patron di una notissima catena di negozi – Hessian – che si occupa di abbigliamento e accessori, è stato arrestato questa mattina dai finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria. Pesante l’accusa che gli viene contestata dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo: concorso esterno in associazione mafiosa. Ciulla viene considerato particolarmente vicino a un mafioso di vertice del mandamento di Pagliarelli: Giuseppe Calvaruso, il boss manager che l’anno scorso era stato arrestato dai carabinieri del nucleo Investigativo al ritorno dal Brasile. L’imprenditore avrebbe avuto le stesse pericolose relazioni con Salvino Sorrentino, altro mafioso di peso del clan. Il procuratore aggiunto Paolo Guido, il coordinatore della Dda, e i sostituti Dario Scaletta e Federica La Chioma, parlano di “imprenditore a disposizione” nel loro atto d’accusa. Ciulla avrebbe offerto al boss Calvaruso spunti e contatti per nuovi affari.

L’indagine del Gico della Guardia di finanza ha scoperto che Ciulla e Calvaruso sarebbero stati pure soci nella “Intimoda group srl”, che gestisce un punto vendita con insegna Yamamay all’interno del centro commerciale Conca d’oro. Per questa ragione è scattata una misura cautelare in carcere pure per il boss, che adesso è indagato per intestazione fittizia aggravata. Ai domiciliari sono andati il fratello di Cesare Ciulla, Diego, e la sorella di Calvaruso, Giovanna, anche loro indagati per intestazione fittizia. Stesso reato contestato a Samuele Anzalone, Stefano Ganci e Pietro Castagna, tutti ritenuti prestanome di Cesare Ciulla, per loro è scattata una misura interdittiva, per un anno non potranno esercitare l’attività imprenditoriale.

Il gip Walter Turturici ha disposto poi il sequestro di cinque società e di 13 punti vendita. Il provvedimento riguarda “Intimoda group srl” (e il negozio Yamamay all’interno del Conca d’Oro), “H passi e passetti srl” (con gli Hessian di via Sciuti 18 e 24 e il negozio Yamamay di Favignana), “Eich store srl” (con il punto vendita di via Roma 505), “Due h srl” (con due Yamamay, via Sciuti 35, a Palermo, e corso Ruggero 41 a Cefalù), “Primaria valigeria Quattrocchi srl” (con cinque negozi Hessian: via Sciuti 8, 10 e 32, viale Strasburgo 248, via Roma 241 e un negozio Quattrocchi, in via Maqueda 463).

“Individuare gli imprenditori collusi costituisce il livello superiore delle investigazioni antimafia – dice il colonnello Gianluca Angelini, il comandante del nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo – è il salto di qualità indispensabile per colpire al cuore gli interessi economici di Cosa nostra, contrastando i tentativi di infiltrazione nel mercato legale basati su rapporti malati con operatori commerciali senza scrupoli, interessati a patti di reciproca convenienza che hanno l’effetto concreto e perverso di rafforzare la capacità del sodalizio mafioso di condizionare e inquinare il sistema produttivo”. Ciulla era già stato in carcere, nel suo passato c’è una condanna a dieci anni per droga. Uscito dal carcere, l’imprenditore era riuscito a costruire un impero economico. L’anno scorso, invece, era finito nei guai per la bancarotta di una delle sue società.

Il colonnello Angelini ricorda le parole di Paolo Borsellino: “Oggi più che mai è vivo e oltremodo attuale il suo insegnamento, quando ci ricordava come la lotta alla mafia deve essere prima di tutto un movimento culturale che si oppone al compromesso morale, all’indifferenza, alla contiguità e quindi alla complicità. Il messaggio deve essere chiaro: fare affari cercando o accettando l’appoggio della mafia è una scelta perdente oltre che criminale”.

Dalle indagini è emerso che Ciulla avrebbe affidato a Calvaruso delle commesse per fare lavori di ristrutturazione all’interno suoi negozi. E poi gli avrebbe passato somme di denaro, per l’assistenza dei carcerati del clan di Pagliarelli. Per il boss, l’imprenditore aveva sempre un occhio di riguardo: in cella gli fece avere pure un costoso paio di scarpe. E assunse pure sua sorella in una delle società del gruppo: “In tal modo assicurando una stabile fonte di finanziamento ai familiari del reggente”, accusano i magistrati della Dda. E quando ebbe bisogno Salvino Sorrentino, Ciulla non si tirò indietro, telefonò a un medico per prenotargli una visita. Disse: “E’ un mio carissimo fraterno amico”.

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