Cronaca

La guerra tra tra Fenice ed Ipab.

Riportiamo una lettera di un’infermiera professionale che informa delle condizioni di un ospite ritrovato con una ferita alla mano

Con la presente volevo renderLe noto i fatti accaduti in data 16/05/2020 durante il turno mattutino presso i locali della casa di riposo “A. Aldisio”, dove svolgo servizio con mansione di Infermiera Professionale dal Gennaio 2020 con la suddetta società. Ho iniziato il mio regolare turno intorno alle 7:00, facendo il mio servizio prima al piano terra, assistendo e monitorando gli ospiti li presenti, per poi salire al 1° piano
per ivi continuare il mio servizio.
Sono salita intorno alle 7:40, trovando, da subito, l’operatrice A. molto nervosa e agitata, riferendomi che gli ospiti erano tutti nervosi, insinuando che questo “stato di nervosismo” fosse attribuibile alla mancata assistenza dell’operatore che era stato in turno di notte e che era già andato via regolarmente al cambio turno, che si verifica intorno alle 7:00. ( Continuando ad insinuare che fossero stati tutti lasciati senza controllo)!

Visionando il registro consegne l’operatore ha scritto “notte tranquilla”. Lei era nella stanza dove è alloggiata la signora C. e le stava prestando assistenza in
modo concitato e disordinato. Entrando ho notato la signora con una garza sanguinante posta sul dorso della mano dx e le ho chiesto cosa fosse successo. Lei mi ha risposto che non ne sapeva nulla, che probabilmente era stato l’operatore del turno precedente che aveva già smontato da un po’ e che lei l’aveva trovata già cosi. Aprendo la precaria medicazione, ho subito notato una ferita lacero-contusa, attribuibile ad un colpo con un oggetto o similare tagliente, perché la pelle era squarciata ed ancora vistosamente sanguinante. Ho fatto notare la cosa, cioè che la ferita era ancora molto sanguinante e quindi l’evento traumatico era avvenuto da poco, ma lei mi diceva che la signora assumeva anticoagulanti e per
questo la ferita non coagulava. Ma ho subito ribadito che la signora non ha nessuna terapia con anticoagulanti o ASA e che, quindi, la sua spiegazione non era credibile. Sono andata a prendere il necessario per effettuare la medicazione e anche lei si è allontanata per andare da un altro assistito. Giunta alla signora C. le ho chiesto cosa fosse successo e quest’ultima mi ha riferito che “era stata lei” e
“il Signore c’è”!
La C., spaventata, ha iniziato a chiamarmi per impedirmi di parlare con la paziente ancora spaventata, ma non nervosa. Effettuo la medicazione, cercando di far ricongiungere i lembi di pelle. La C. mi chiama urlando da un’altra camera dove alloggia il sig. C., dicendomi che stava succedendo qualcosa di grave, anzi gravissimo, pertanto lascio la sig.ra C. e corro da lei.
L’urgenza era “ la pelle secca” del sig. C. che, grattandosi, aveva provocato evidenti graffi attribuili a prurito. Ho visitato il sig. C. e sono tornata dalla paziente C., ma dopo pochi minuti C. mi ha raggiunta continuando ad urlare e a sbraitare che “V. l’aveva fatta male con la spondina del
letto”: e’ stato in quel momento che ho fatto notare alla C. che la ferita era riconducibile alle sue unghie troppo lunghe e affilate e che ha utilizzato una manovra, per girarla o alzarla, sbagliata, provocandone il trauma. La C. ha iniziato ad inveire contro di me, urlando e dicendo “che in 20 anni non era mai successa una cosa simile e che loro hanno sempre lavorato bene”.
Ho cercato di chiudere e contenere l’alterco con la C., inutilmente. Infatti, mentre effettuavo la medicazione alla sig.ra Z., ha ripreso a ripetere le mie parole come se l’avessi offesa e facendomi notare di aver utilizzato un vocabolo sbagliato per descrivere quanto fatto da lei, cioè di aver strattonato la
signora. Mi insisteva che voleva somministrare all’assistita delle gocce di EN ( previste in terapia serale),ma non ne vedevo l’esigenza, perché l’assistita era tranquilla, ma ovviamente spaventata; infatti chiedeva
di essere rimessa a letto, cosa che poi lei ha fatto per essere sicura che la sig.ra non riferisse quanto era successo precedentemente.
Dopo un po’ ho chiamato la Dott.ssa Bennici per riferirle l’accaduto ed ho comunicato il tutto anche al Direttore tecnico S. Scerra chiedendo indicazioni.
La C. stessa ha chiamato la figlia della C. riferendole l’accaduto; poi, ha trascorso tutta la mattinata a gridare, a lamentarsi, a fumare, a parlare e a cercare di litigare con me e con l’altra operatrice.

Nella tarda mattinata, ho inviato una foto del dorso della mano della paziente, alla Dott.ssa P. ( suo medico di base ), informandola e chiedendole indicazioni sul da farsi; quindi, la Dott.ssa mi ha dato disposizioni su come effettuare le medicazioni, da ripetere 2 volte al giorno, visto che era troppo sanguinante.
Ho, poi, messaggiato con la figlia C, molto preoccupata per l’accaduto, cercando di farla tranquillizzare, dicendole che non era la mamma ad essere nervosa, bensí A.. Non ho inviato foto alla figlia.
Lunedí mattina mi ricontatta la figlia, dicendomi che domenica qualche operatrice ( non so chi! )le aveva inviato le foto della mano della madre ed era sconvolta. Le ho chiesto esplicitamente chi le avesse inviato le foto, ma non me l’ha voluto dire.
La figlia mi riferisce che tempo addietro era accaduta una situazione analoga con una lacerazione nella zona del braccio, che ha fatto fatica a rimarginare. Pertanto le chiedo di prendere atto dell’accaduto per garantire la giusta assistenza e tutela nei confronti della mia assistita inabile ed anche nei miei confronti. Tutto quanto sopra riportato per metterLa a conoscenza e tutelare la mia persona, sempre attenta ad
espletare i propri compiti.

Con l’occasione, Le porgo i miei piú cordiali saluti.
Gela, lí 19/05/2020

 

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